Spegni Facebook, spegni il telefono e parti

Simone Lanciotti
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Ho spento tutto e sono partito.
Un saluto a tutti, un cenno su cosa stavo per fare e sono partito.
Ho spento Facebook, WhatsApp, le notifiche, stavo addirittura per lasciare il telefono a casa, ma poi l'ho messo in tasca e sono andato.
Ho la fortuna di vivere ai piedi delle montagne.
E le montagne le ho sempre avute davanti o dietro.
Le ho scalate e cercate, affrontandole di petto.
E le ho anche evitate, mettendomele alle spalle per il desiderio di fuga e per la ricerca di quell’altro che prima o poi ti porta a guardare altrove.
Ma alla fine sono ancora qui.
Le montagne sono ancora qui.
Ho spento tutto, oggi, e sono andato su, a caccia di una storia che ancora non conosco.
Le storie non si inventano, ma si trovano.
Il primo passo, ascolta queste parole, è spegnere tutto.
Porta il telefono con te, sì, ma se puoi tienilo spento o disattiva le notifiche.
Fallo, una volta ogni tanto, avvisando le persone che contano.
Poi, parti sereno.
La strada, la salita, il sentiero e la polvere sono pezzi di una storia.
Io amo le storie.
La vita è piena di storie.
Impari ad amarle da bambino e sono il primo contatto con un mondo che ancora non conosci.
Lì fuori, pensi, è un gran bel posto se mi si dice di personaggi così speciali.
Ma poi arriva la polvere e tutto si incasina.
Le storie diventano più crude e quei personaggi speciali spariscono al primo soffio più cattivo di vento.

Oggi sono partito e ho preso la mia bici.
Ho scelto bene il posto e l’orario, perché il sole e la luce sono le soli voci che voglio ascoltare.
Il modo in cui il sole batte sul sentiero, passa fra gli alberi, il modo in cui ti fa percepire la pendenza o la ruvidità della terra, cambia in base all’ora.
E’ un messaggio chiaro.
Certo, il sole non parla, ci mancherebbe altro, ma ti fa capire quello che devi sapere.
Quando il sole scende le ombre diventano volume, altezze nuove e le profondità dello spazio che ti circonda diventano il paesaggio di cui fai parte.
La bici mi fa meritare tutto questo.
E più guido e pedalo con enfasi, più ci metto la mia maestria nel fare quello che faccio e più mi sento degno di essere lì.
Penso alla precisione e alla fluidità dei movimenti di una volpe.
Provo a essere così e a non sprecare energie.
Un nuovo animale della montagna.
Un altro animale in cerca di una preda.
Solo che la mia preda non è per lo stomaco.
Io cerco quella storia.
Cerco, cioè, qualcosa che non compri perché non si può vendere.
Cerco, te lo dico, qualcosa che mi appartiene e che è sempre stato qui in attesa che io venissi a prenderlo.



Sto pedalando già da un pezzo.
Il muovere su e giù le gambe, l’azione del pollice e dell’indice sul cambio, i movimenti delle spalle non li gestisco più io.
Sono abitudine, sono uno strumento, sono i gesti che servono.
Io sono qui, ora, lontano dalle solite cose eppure ancora così vicino.
Sto cercando quell’attimo di pace.
Ma sento ancora i rumori della bicicletta.
Ma mi sto anche allontanando.
La strada va avanti e ho la montagna davanti.
Il sole illumina la polvere che sale dalla gomma anteriore e mi viene da pensare a come si attaccherà alla bici.
Al trucco artistico che le darà.
Vado avanti.
L’aria fine.
L’aria punge.
Il benvenuto della montagna lo sento nelle gambe.
Quasi ci sono.
Sento il cuore alleggerirsi all’idea di aver terminato il lavoro.
La leggerezza della vetta.
Il vento che arriva e non so da dove.
E’ questione di metri, ma vorrei galleggiare in questa emozione per millenni.
Mi guardo le gambe impolverate che finiscono il loro compito.
Sono qui, ora, dove volevo essere.
Finito.
Ogni volta è diverso.
Nuovo.
Spaziale.
Infinito.
E finito, perché lo sguardo finisce, il cuore rallenta e l’idea di dover tornare giù fa comparire quella ruga.
Quella della storia bella che finisce e speri ci sia un bis.
Un’altra storia, un altro pezzo di emozione con cui riuscire a giocare.

Dipende tutto da me.

La storia di oggi è questa.
Mi devo assicurare di avere tempo per tutto questo.
Per me, il sole e la montagna.
A caccia di storie.
Sui sentieri dove da bambino giocavo a derapare.
E sai che ti dico?
Che sono felice, che sono ancora bambino e quella ruga, quella della bella storia che finisce, è solcata di brutto.
Ne ho tante in mano e altre ancora ne cerco.
Dipende tutto da me.
Dipende tutto da te.
Se hai scelto la mountain bike, assicurati di avere una montagna davanti.
Si comincia così e poi si torna a pensare alle storie belle che ti emozionavano da bimbo.
Ovvero, ti sembrerà di avere la tua vita in una mano.



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Sull'autore
Simone Lanciotti

Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.

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