Superenduro Varazze: è stata una gara epica...

Redazione MtbCult
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La gara di Varazze (qui il report) lascerà il segno ancora per un po’ di giorni in braccia e gambe di chi l’ha portata a termine.
Francesco Savona ne è convinto e basta leggere il suo report per capirlo.
Un conto è vedere i Pro affrontare la gara e un conto è viverla da dentro, da comuni mortali.
Sembrano due gare diverse…
SL

VARAZZE - Dopo un anno di astinenza forzata dal Superenduro, Varazze è l’occasione perfetta per tornare a correre all’interno del circuito che, senza dubbio, rappresenta l’espressione massima di questo sport nel nostro Paese.
Saltata la prima tappa di Massa Marittima per motivi logistici (qui il resoconto in gara del direttore), eccomi a provare le Speciali della seconda tappa il weekend antecedente la gara, quando gli organizzatori hanno “svelato” il percorso per dare modo a tutti di provarlo alla pari, professionisti e chi, come me, non lo è.

superenduro varazze

La Rocky Mountain Altitude di Francesco Savona

Una gara dura questa di Varazze, non c’è dubbio, che per dislivello e chilometraggio ricorda l’Italiano appena disputatosi a Sestri: ben 1850 metri di dislivello e 47 km di lunghezza, una sorta di Granfondo dell’Enduro; ma tant’è, questo sembra l’andazzo delle gare di quest’anno…
Per non parlare, poi, delle quattro Speciali, due nella parte alta del Beigua e due nella parte bassa, con tracciati tecnici e spettacolari, ma veramente impegnativi.

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Avendo girato buona parte dell’inverno nella parte bassa, decido incuriosito di provare per prime quelle sul Beigua, rispettivamente la PS 2 “Singletrack to Zeta to Jungle” e la PS3 “626”.
Il trasferimento è di quelli importanti: sono circa mille i metri di dislivello e quindici i chilometri di lunghezza che separano la partenza, fissata sul molo di Varazze, dall’inizio della PS2 posta a ridosso della cima del Beigua. “Un vascone” da affrontare con filosofia.

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In partenza!

La PS2 è bellissima: un interminabile flow tra le pinete d’alta quota, un serpentone di terra, ricco di sponde e salti che unisce alcuni dei trail più divertenti della zona.
Di tutt’altro tenore la PS3, una vera linea “Nazy” con rocce fisse e passaggi tecnici da Coppa del mondo di downhill, che alterna tratti pedalati a ripidoni in mezzo al bosco, da gestire con fiato e braccia: già, perché si tratta di una PS da più di 12 minuti di percorrenza, con un dislivello negativo superiore ai 600 metri. Qui c’è poco da scherzare.

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La PS4 “New Generation”, invece, è tutta nuova: aperta per l’occasione, scende sulla sinistra di Hard Rock (la PS1) e ne ricalca un po’ il terreno roccioso, con un paio di compressioni che ricordano il famoso FS, storico trail della zona. Hard Rock purtroppo non riuscirò a provarla, ma poco importa, visto che è una “vecchia conoscenza” dei giri invernali.
Il classico trail ligure sassoso e a tratti tecnico, “devastante” per braccia e mezzi. Vietatissimo abbassare la guardia, ma per fortuna la si affronterà come prima discesa della giornata, quindi a mente lucida e con tante energie da spendere.

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La mia gara, con un po’ di sorpresa e complice le partenze a numeri invertiti, comincia alle 8:20, obbligandomi di fatto a una levataccia per la colazione. La sveglia suona impietosa alle 6:00, il menù è da gourmet stellato: pasta asciutta fredda condita con due bei bianchi d’uovo. La gara è lunga e ho bisogno di energie per affrontare la giornata. Vabbè…

Il trasferimento verso la prima PS è abbastanza breve, i tempi sono “comodi” e così arrivo con circa un quarto d’ora d’anticipo. “Hard Rock” affrontata ancora assonnati non è il massimo: un paio di innocue scivolate mi riportano a più miti consigli, anche perché la giornata è ancora tutta davanti e il terreno polveroso è scivolosissimo. La chiudo senza strafare.

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Breve passaggio al CO e mi preparo per la risalita più lunga, quella che in due ore mi porterà in cima al Beigua. La salita è davvero interminabile e, in più, sulle gambe ho già una Speciale: la fatica verso la fine si farà un po’ sentire.
Fortuna che anche qui i tempi sono tutto sommato corretti, per cui una volta in cima ho tutto il tempo per rifocillarmi e rilassare le gambe.


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Tre, due, uno, via. Si parte!
Il tifo a bordo sentiero è galvanizzante, il trail fantastico, e così ci do dentro, in un susseguirsi di curve, sponde e salti. Ad accogliermi alla fine della PS il primo ristoro della giornata. In realtà di tempo ce n’è ben poco, perché il terzo trasferimento è davvero tirato: si ripercorre in parte la strada fatta precedentemente in salita, per poi immettersi in un trail pedalato molto bello.
Tiro giù due rapporti e spingo più che posso.
Arriverò con cinque minuti scarsi alla partenza della temutissima terza Speciale, la “626”. Molti arriveranno fuori tempo massimo, segno che forse una manciata di minuti in più non ci sarebbero stati male.
Vabbè, indosso casco, protezioni e riparto senza tirare il fiato in modalità “low battery”.
La stanchezza della terza risalita la sconto tutta, guido goffo e impacciato, con un’unica preoccupazione in mente: non farmi trovare impreparato davanti ai due passaggi “chiave” della speciale, un mega drop roccioso a fine discesa e un “boccione” di roccia, formato frigorifero, posto proprio nel bel mezzo del sentiero, da “dribblare” con attenzione.
Sbagliare qui potrebbe costare caro… e non solo in termini di tempo! Per fortuna tutto fila liscio e mi ritrovo alle fotocellule di arrivo dopo poco più di tredici minuti di discesa affrontata in stato a dir poco confusionale.

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Francesco Savona in azione. Foto PhotoShop Media

Il trasferimento all’ultima Speciale è una vera passeggiata di salute: un primo tratto in discesa su asfalto dove tirare il fiato e poi uno splendido trail in falso piano immerso nella macchia mediterranea. Arrivo alla partenza della quattro con ben mezz’ora di anticipo. Questa volta ho tutto il tempo per riprendermi e per affrontare l’ultima Speciale della giornata dandoci dentro alla grande, nonostante il fondo non proprio flow, e guadagnarmi così un arrivo che oggi non era per nulla scontato.
Numerosi, infatti, i ritiri, vuoi per guasti tecnici (i trail rocciosi di qui non perdonano), vuoi per la durezza del percorso che ha messo a dura prova fiato e gambe dei circa 300 concorrenti presentatisi al via della categoria Pro.

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Una gara durissima ed estremamente selettiva questa di Varazze: a fine giornata, dopo sette ore di gara, 1930 metri di dislivello e 48 km chiudo soddisfatto con un onestissimo 188° posto assoluto. Un’esperienza davvero fantastica per la bellezza dei trail e per l’organizzazione impeccabile, con tanto di massaggiatori a fine gara a disposizione dei partecipanti.
Ancora una volta quel diavolo di Enrico Guala ha tirato fuori dal cilindro una tappa memorabile, a dir poco epica, chiusa con l’immancabile pasta party in spiaggia: ovviamente trofie al pesto ligure per tutti!
Ci si vede alla terza tappa del Superenduro, in programma a fine giugno a Canazei.

Qui gli altri race report di Francesco Savona

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