TEST - Industry Nine Pillar Carbon Enduro: precise e leggere, però...

Redazione MtbCult
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ARTICOLO AGGIORNATO IL 12 AGOSTO 2015 (vedere in fondo)

Avevamo visto le Industry Nine Pillar Carbon Enduro 27,5” a settembre presso lo stand di Dsb a Expobici e finalmente abbiamo avuto modo di provarle, per tre settimane, molto intense dal punto di vista del livello di riding.
Poco, pochissimo asfalto e tanti i chilometri percorsi sui sentieri, così come tanti sono stati i metri di dislivello accumulati. Soprattutto in discesa!
Abbiamo montato le Industry Nine Pillar Carbon Enduro su una Rocky Mountain Altitude. Il telaio di questa bici è in carbonio, con il solo carro posteriore in alluminio: già con il suo allestimento iniziale aveva dimostrato alti livelli di precisione durante la guida.
L’abbinamento di queste ruote è stato un upgrade notevole in questo senso, portando la rigidità complessiva della combinazione ruote-telaio a uno step decisamente superiore.

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Diamo un po’ i numeri

Il colpo d’occhio iniziale è notevole.
Il design è reso particolarmente originale da quei 32 raggi verdi (in questa versione), così come risulta molto affascinante il profilo “a goccia” del cerchio in carbonio.
Quest’ultimo ha una larghezza interna di 26 mm e una esterna di 31 mm.
Sollevando le ruote “nude” ci si accorge anche di quanto siano leggere: il peso dichiarato dalla casa costruttrice è di 1525 grammi. E’ un valore assolutamente attendibile, poiché corredate del nastro per la conversione in tubeless e le valvole in ergal, rigorosamente in tinta con i raggi, sulla nostra bilancia arrivano a pesare 1560 grammi.
Una coppia di ruote da enduro da 27.5” con un peso di poco superiore a quello di una coppia di ruote da XC.
Niente male…
Industry Nine fissa il limite di peso massimo del rider a 110 Kg.
Il profilo interno del cerchio tubeless ready è senza “uncino” (hookless), e, il sottoscritto, non avendo mai montato un copertone su un cerchio senza “dente”, ho avuto qualche dubbio sul tallonamento più o meno immediato dello pneumatico.
Durante il montaggio, però, è arrivata subito la smentita, come leggerete più avanti.

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I cerchi sono realizzati in collaborazione con Reynolds, azienda che vanta una storica esperienza nella produzione di componenti in materiale composito.
La disposizione delle fibre di carbonio non è mai casuale e nel caso dei Pillar Carbon varia a seconda della zona del cerchio (aspetto non visibile dall’esterno) in modo da aumentarne la rigidità laterale e la resistenza, senza privare la ruota di una certa flessibilità verticale.
L’orientamento differenziato dei fori per i raggi è studiato per ospitare il nipple e dargli una ben precisa direzione. Il risultato è una distribuzione più omogenea e quindi inferiore dello stress generato dalle sollecitazioni, sia sul cerchio che sui raggi.

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Anche i mozzi sono molto raffinati: l’anteriore ha due cuscinetti sigillati con O-ring esterni, il posteriore ne ha 4 con tenute in Teflon.
La compatibilità dei mozzi è molto ampia: davanti abbiamo il quick release da 100 mm e gli assi da 9, 15 e 20 mm; dietro, invece, il quick release da 135 mm e gli assi da 10x135, 12x135, 12x142 e Boost 148.

Gli pneumatici si montano al volo

I copertoni montati sulle Pillar Carbon Enduro 27.5” sono entrambi di casa Maxxis: Minion DHF 3C EXO Tubeless Ready da 2.30” all’anteriore e Ardent EXO da 2.25” al posteriore.
Vista la sezione non esagerata del primo e la tassellatura non troppo pronunciata del secondo, a molti utenti potranno risultare “sottodimensionati” per un uso enduro, ma, dato che durante le uscite capita di coprire distanze notevoli, questa scelta mi sembra un buon compromesso.
I dubbi iniziali sulla difficoltà di montaggio delle gomme sono subito svaniti. Compressore alla mano, il tallonamento risulta immediato.
E lo è stato anche per lo pneumatico posteriore, nonostante questo non fosse tubeless ready. Dopo aver portato le gomme alle pressioni che abitualmente utilizzo (1.8 bar per l’anteriore e 2.3 bar per il posteriore) non c’è stata mai la necessità di eseguire un refill di aria degno di nota per tutta la durata del test.

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Le colorazioni: c’è da diventare pazzi…

Le Industry Nine Pillar Carbon Enduro sono proposte in colorazione con mozzi e raggi di colore verde, come quelle che vedete in foto.
Le possibilità di personalizzazione (a pagamento), però, sono quasi infinite: con il Custom Level 1 (+50€) è possibile scegliere la combinazione che si preferisce di colori rosso, silver e nero per raggi e mozzi; con il Custom Level 2 (+150€) si aggiungono i colori blue, oro, verde, rosa, turchese, arancio e viola; con il Custom Level 3 (+260€), infine, è possibile richiedere le ruote di due colori differenti.

Una delle personalizzazione possibili: mozzi e raggi dello stesso colore.
Una delle personalizzazione possibili: mozzi e raggi dello stesso colore.

Il prezzo standard della coppia di ruote è a dir poco elitario: 3299€ con due anni di garanzia.

La prova delle Industry Nine Pillar Carbon Enduro

Queste ruote sono leggere, ma il peso ridotto non è il solo fattore che contribuisce a renderle particolarmente performanti.
E, parlando di performance, qui raggiungiamo livelli molto alti.
Il primo approccio con le Pillar Carbon Enduro è avvenuto durante una giornata piovosa, con condizioni del terreno davvero ai limiti del praticabile.
Con un terreno del genere è difficile farsi un’idea e trarre delle conclusioni, poiché si è costretti spesso a correggere le traiettorie a causa del fondo scivoloso.
Quindi, per un’analisi più approfondita del comportamento di queste ruote, siamo andati nei giorni successivi su una grande varietà di percorsi, dedicandoci particolarmente alla discesa, ma senza trascurare i sentieri in salita.
Ciò che non si può fare a meno di notare è la risposta immediata al colpo di pedale: è merito della rigidità garantita dall’utilizzo di un cerchio carbonio?

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Sì, ma anche della ruota nel suo complesso che è stata progettata per portare proprio a questo risultato. Immaginate quel lasso di tempo che intercorre dal momento in cui cominciate a spingere sul pedale fino a quando la bici realmente comincia a muoversi.
Stiamo parlando di un attimo.
Con queste ruote, quell’attimo sembra scomparire…

I sei dentini di ingaggio della ruota libera.
I sei dentini di ingaggio della ruota libera.

E quando la ruota comincia a girare, la scorrevolezza dei mozzi si occupa del resto del lavoro.
I cerchi in carbonio e i 32 raggi oversize per ruota potrebbero far pensare a una riduzione drastica del comfort durante la pedalata.
E invece non è così.
Se da un lato la rigidità in curva è impressionante, dall’altro è percepibile una minima tendenza alla flessione verticale, a vantaggio proprio del comfort.
Le Industry Nine Pillar Carbon Enduro hanno dimostrato le proprie potenzialità anche in escursioni più tranquille durante le quali il rendimento in pedalata ha tratto dei vantaggi non trascurabili dalla struttura di queste ruote. I watt prodotti da ogni colpo di pedale non vengono mai dispersi e di questo ci si rende conto in particolar modo in quei tratti di “mangia e bevi” in cui il rilancio è d’obbligo.

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Possiamo affermare, quindi, che l’utilizzo di queste Industry Nine va ben oltre il solo utilizzo prevalentemente discesistico che l’enduro richiede.
E il comfort in tutto questo non ne risente.
Un aspetto che ci ha particolarmente colpiti è il comportamento del meccanismo ruota libera durante le salite particolarmente accidentate e ricche di ostacoli, ovvero in quelle situazioni in cui la velocità è talmente bassa che è difficile non perdere l’equilibrio ed evitare di appoggiare il piede per terra. Capita in questi momenti di dover pedalare all’indietro, cercare l’ingaggio della ruotalibera e dare quel colpo di pedale che fa superare l’ostacolo senza impatti.
Ecco, l’ingaggio è immediato.
In occasione della Sea Otter Classic, durante una chiacchierata con Jacob McGahey, operations manager di Industry Nine, ci è stato mostrato il funzionamento del mozzo posteriore e della ruota libera. Quest’ultimo è costituito da ben 62 denti, sui quali girano 6 molle. L’angolo di ingaggio è quindi di soli 3°, ed è questo il motivo per cui è così immediato “recuperare” il colpo di pedale nelle circostanze appena descritte.

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Devi solo pensare alla traiettoria

E in discesa?
Come si comportano?
Per soddisfare questa curiosità e trarre le prime conclusioni abbiamo deciso di prenderci una pausa dai lunghi giri pedalati e goderci qualche giornata di “risalite meccanizzate”.
In discesa, in particolar modo sulle sezioni di trail molto veloci e ricche di curve in successione le Industry Nine Pillar Carbon si esprimono al meglio.
In questi momenti sono sempre pronte a rispondere alle richieste di chi guida. E bisogna abituarsi in fretta a questa loro caratteristica, adottando una guida molto pulita. In caso contrario, si rischia di ritrovarsi per terra, proprio come è successo al sottoscritto.
Infatti, questa spiccata reattività delle ruote bisogna anche imparare a gestirla, con una prontezza di riflessi superiore e uno stile di guida che non ammette esitazioni.
Chi possiede una certa disinvoltura nella guida non potrà che trarre benefici dall’utilizzo di queste ruote.
Siete in contropendenza?
Volete raggiungere la parte più alta della prossima sponda?
Dovete solo scegliere la traiettoria e non dubitate.
Queste ruote vi ci porteranno.
La rigidità torsionale del cerchio e della struttura della ruota stessa, quindi, sono quelle tipiche di una ruota con cerchio in carbonio.

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L’imprevisto che non ti aspetti

Purtroppo qualche volta non tutto fila liscio.
Durante la sessione fotografica, cioè a fine test, ci siamo accorti che il cerchio posteriore era danneggiato.
Durante le uscite non ci siamo minimamente accorti di questo e non siamo in grado di stabilire quando questo possa essere accaduto.
Abbiamo escluso l’ipotesi di danneggiamento causato da un impatto con una roccia visto che la gomma non ha mai perso pressione (e parliamo di ben 2,3 bar).

Il cerchio posteriore si è danneggiato durante il test.
Il cerchio posteriore si è danneggiato durante il test.

Quindi, abbiamo contattato l’importatore italiano, Dsb, che si è subito interessato di inviare la ruota posteriore a Industry Nine, per le verifiche del caso.
Industry Nine, a sua volta, ha inviato la ruota a Reynolds che, dopo aver sezionato il cerchio e verificato lo strato delle fibre, si è accorta che il cerchio era fuori dalle tolleranze a causa di un problema occorso durante la fase di sovrapposizione degli strati di carbonio.

Questo non ha interessato tutto il cerchio, ma solo una sua porzione di circa 20 cm, all’interno della quale è avvenuta la rottura.
La rottura è stata verosimilmente causata da un impatto.
A seguito di ciò Reynolds ha deciso di aggiungere uno step in più nel processo di controllo qualità per evitare che rotture del genere capitino di nuovo in futuro.
A Davide Bonandrini, titolare di Dsb, abbiamo chiesto se, dopo un inconveniente del genere, il cerchio verrebbe sostituito in garanzia.

Questa la sua risposta:
«Assolutamente sì. L’unico caso in cui il cerchio non viene coperto da garanzie è quando è estremamente evidente l’utilizzo di pressioni molto basse che hanno la conseguenza di portare, in caso di forti compressioni, il cerchio a contatto con il terreno o le rocce. Se uno utilizza pressioni normali consigliate dallo stesso produttore delle gomme non ci saranno problemi».
Per quanto riguarda le minime pressioni da utilizzare, abbiamo chiesto a Jacob McGahey di Industry Nine di fornirci delle linee guida. Ecco uno schema indicativo.
Innanzitutto, la pressione della gomme dipende dal peso di bici+rider e dalla sezione della gomma.
McGahey fa due esempi e si riferisce alla gomma posteriore:

- gomme da 2,0"-2,2" di sezione: pressione minima bar/Kg 2,45% del peso corporeo del ciclista. Ad esempio, 1,75 bar per un rider di 70 Kg.

- gomma da 2,2"-2,5" di sezione: pressione minima bar/Kg 2,3% del peso corporeo del ciclista. Ad esempio, 1,6 bar per un rider di 70 Kg.

La gomma anteriore, invece, può essere gonfiata con pressioni di un 5-10% più basse.

Niente è esente da difetti

Questa vicenda conferma che anche i prodotti di altissimo livello non sono esenti da difetti.
Nel caso specifico delle Industry Nine Pillar Carbon, però, occorre considerare che, nonostante il danneggiamento, la qualità costruttiva è comunque emersa perché il cerchio non è andato in pezzi, la ruota non ha perso la centratura, non ci sono state perdite di pressione della gomma (nonostante questa fosse gonfiata a 2,3 bar) e il test non si è interrotto a causa di ciò.
Da un lato, quindi, c’è l’inconveniente (di certo non trascurabile) capitato durante il test, dall’altro la ferma intenzione di Industry Nine di evitare che questo accada di nuovo.
Questo test, quindi, non ha un esito molto positivo, ma siamo pronti a testare di nuovo queste ruote dopo che Reynolds avrà apportato le modifiche alla fase di produzione del cerchio.

AGGIORNAMENTO DEL 12 AGOSTO 2015

Qualche settimana dopo la pubblicazione del primo test, Industry Nine, tramite il distributore italiano DSB, ci ha inviato una nuova coppia di ruote PillarCarbon Enduro per verificare che le modifiche apportate al processo costruttivo del cerchio fossero realmente efficaci.
Quindi, un nuovo test durante il quale non sono emersi problemi, ma, semmai, le qualità dinamiche delle ruote Industry Nine.
In buona sostanza rispetto al primo modello non cambia nulla stando in sella.

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Le sensazioni che si percepiscono sono esattamente le medesime, ovvero, le PillarCarbon Enduro sono ruote che richiedono un certo impegno nella guida per avere dei reali benefici.
Rigide, precise (ma non tollerano errori) e reattive come poche.
La guida cambia in modo netto e anche la bici ha un comportamento diverso, più brioso e a tratti più nervoso.
Insomma, la bontà di queste ruote emerge sin da subito, ma per farla diventare realmente un vantaggio occorre saper guidare senza indugi e saper scegliere con cura la traiettoria.
Sono ruote da esperti perché portano a un livello non sempre facile da gestire la rigidità delle ruote.

Durante il secondo test

Questo secondo test è stato condotto adottando il sistema Schwalbe Procore che contribuisce in parte a smorzare un carattere molto brusco dovuto sia al cerchio in carbonio sia alla struttura dei raggi.
Girare con gomme a bassa pressione, però, migliora il comfort, ma “sporca” la guida, soprattutto con ruote così rigide.
Le PillarCarbon Enduro richiedono, a nostro giudizio, pressioni normali, se non un po’ più alte per dare alla bici una precisione maggiore.
Qui, però, entrano in gioco le sospensioni: se la ruota è più rigida, la sospensione deve lavorare al meglio e ciò richiede una cura maggiore per la corretta impostazione.

I sei dentini sulla ruota libera si fanno sentire anche nei rilanci perché la spinta dei pedali diventa più rapida.
I sei dentini sulla ruota libera si fanno sentire anche nei rilanci perché la spinta dei pedali diventa più rapida.

Insomma, la bici, la solita bici di sempre, all’improvviso diventa un’altra bici, più nervosa, più agile e, con la giusta dose di manico, anche più veloce.
Attenzione però alle rocce smosse: il cerchio Reynolds questa volta non si è rotto, ma l’impatto con i sassi non passa impunemente.
Graffi e qualche scalfittura rimangono come purtroppo accade su molti altri cerchi in carbonio.

Piccoli segni d'uso sul cerchio...
Piccoli segni d'uso sul cerchio...
...e sul raggio
...e sul raggio

In conclusione…

Le Industry Nine Pillar Carbon Enduro non sono delle ruote per tutti, come in generale non lo sono quasi tutte le ruote con cerchio in carbonio.
Per sperimentare facilmente i benefici di queste ruote servono percorsi veloci, anche ripidi, abbastanza scorrevoli, ma non infestati di rocce dove invece serve abilità nella scelta ottimale della traiettoria.
Girare con queste ruote, comunque, regala sensazioni di agilità e precisione rare a vedersi e se il telaio e la sospensione posteriore sono costruite come si deve (in quest’ultimo test un Santa Cruz Nomad) allora il piacere di guida raggiunge livelli molto alti.

Una volta "innestate" sulla bici, queste ruote cambiano completamente la guida.
Una volta "innestate" sulla bici, queste ruote cambiano completamente la guida.

Resta lo scoglio non indifferente del prezzo che le rende ancor di più non alla portata di tutti.
Il voto finale, quindi, cambia: 5,5 nel primo test e 8,5 nel secondo test la cui media porta a un 7,0.

di Simone Lanciotti e Davide Ferrigno

Per informazioni IndustryNine.net oppure Dsb-bonandrini.com

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