Jerome Clementz: «Sì, Jey is back, ma è stata proprio dura»

Olivier Beart
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Jerome Clementz: «Sì, Jey is back, ma è stata proprio dura»

Olivier Beart
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Jerome Clementz (per gli amici Jey) è sempre di più l’uomo che rappresenta l’enduro a livello mondiale.
In Francia deve spesso vedersela con avversari di livello non solo locale, ma addirittura internazionale.
In occasione della prima tappa del Cannondale Enduro Tour, Olivier Beart, il nostro collega belga, ha incontrato Jerome Clementz per fare due chiacchiere con lui.
Qui di seguito potete vedere il video report della gara:

Un autentico successo con 380 partecipanti. Dopo di che siamo andati a incontrare Jerome Clementz sui suoi sentieri.
SL

Dopo la caduta del 2014 (di cui abbiamo parlato qui), Jérôme Clementz ha ritrovato la serenità. Di colpo, il 28 marzo 2015, la pressione e i dubbi sono scomparsi con l’annuncio della sua vittoria nella prima tappa dell’EWS 2015 a Rotorua.

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- Allora, sei contento e sollevato dopo questa vittoria della prima manche dell’EWS 2015 in Nuova Zelanda? Possiamo dire che “Jey is back”?
- Sì, davvero, dopo questa vittoria mi sento liberato di un peso.
E’ importante per me, ma anche per le persone del mio entourage, che mi hanno dato fiducia quando ho detto loro che avevo bisogno di tempo e che sarei tornato al top nel 2015.
Dal 1996, non ho mai avuto incidenti o brutte cadute.
Sapevo che questo poteva succedere, che sarebbe successo prima o poi.
Ero pronto.
E allora, anziché affrettare il mio rientro, ho preferito fare un break, che non è stato poi così lungo, solo tre mesi.
Ma la mia caduta a Blausasc è arrivata nel momento peggiore, nel cuore della stagione 2014.
Così mi sono focalizzato direttamente sulla stagione 2015, con l’obiettivo di approfittare delle ultime date del 2014 per ritrovare le sensazioni di gara e tornare al top nel 2015. La vittoria a Rotorua mi ha fatto davvero bene, perché dimostra che il piano ha funzionato e che ho fatto la scelta giusta.

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- Come hai vissuto questo periodo in cui hai dovuto appendere la bici al chiodo?
- E’ un po’ frustrante non poter pedalare, ma è stato anche interessante vedere la stagione 2014 dal di fuori.
Ho anche potuto fare altre cose, scoprire altri sport come il trail, fare i barbecue con gli amici il sabato sera, andare al mare in estate con la mia Pauline (Dieffenthaler, ndr)…
Sono cose semplici, ma quando si è dei biker professionisti queste cose vengono messe da parte. Insomma, ho guardato agli aspetti positivi.

- Non ci sono conseguenze per la tua spalla?
- No, è tutto perfettamente a posto. Potevo scegliere se farmi operare subito, con la quasi certezza di recuperare al 100%, o di rientrare subito e rinviare l’operazione in inverno, ma con molti più rischi e meno certezze. Ho optato per la scelta più saggia, anche se ci ho rimesso la stagione.

Jerome Clementz ha trascorso diversi mesi fra Nuova Zelanda e Australia questo inverno. In cerca di nuovi sentieri e del feeling corretto con il mezzo.

Jerome Clementz ha trascorso diversi mesi fra Nuova Zelanda e Australia questo inverno. In cerca di nuovi sentieri e del feeling corretto con il mezzo. Foto Sven Martin.

- Fisico e capacità tecniche: quale dei due è più difficile da ritrovare?

- Il fisico si è rimesso piuttosto in fretta, la tecnica invece mi ha richiesto un po’ più di tempo e lavoro.
E’ incredibile quanto velocemente si possa perdere il proprio livello.
Ma a me piace comunque lavorare su questi aspetti ed è già da molto tempo che controllo la mia tecnica analizzando da vicino il mio modo di guidare. E anche quello degli altri.
Sulle discese di riferimento, o anche su quelle che non conosco affatto, fisso dei punti chiave su cui lavorare: caricare l’anteriore, lo sgancio del piede, i rilanci, ecc.
A volte lo faccio con uscite cronometrate, ma più spesso si tratta di esperimenti empirici e per me funzionano bene le mie sensazioni di guida. In tutti i casi rifletto molto.
Ed è così che poco a poco le buone sensazioni sono tornate. Il mio quarto posto a Finale Ligure l’anno scorso ha mostrato che ero sulla buona strada, anche se poi ho dovuto lavorare enormemente durante tutto l’inverno.

Fabien Barel e Jerome Clementz in gara a Finale Ligure lo scorso anno. Il ritorno di Barel con tanto di vittoria ha impressionato tutti.

Fabien Barel e Jerome Clementz in gara a Finale Ligure lo scorso anno. Il ritorno di Barel con tanto di vittoria ha impressionato tutti.

- Parli giustamente del tuo ritorno a Finale che è stato un successo, ma cosa dire allora di quello di Fabien Barel?

- Sapevamo tutti che quando Fabien rientra dopo una ferita, è super motivato e molto molto in forma. Ma questa volta è stato davvero impressionante.
Si è fatto male diverse volte e ha una forza mentale incredibile.
Questa volta, tutti abbiamo percepito che era una situazione diversa e credo che lui si sia reso conto d’essere andato davvero vicino al peggio.
Ho l’impressione che il suo incidente gli abbia permesso di fermarsi un attimo e di affrontare le gare in una maniera ancor più riflessiva che in passato.
Ma non in modo da frenarlo, al contrario.
Da quando è tornato, raggiunge dei risultati ancora più formidabili di prima. E so che vuole raggiungere il titolo Ews 2015. Una bella sfida per lui… e anche per me, perché è un vero piacere competere con qualcuno come Fabien!

- L’enduro è cresciuto molto e molto in fretta dopo l’arrivo dell’Ews. Il livello non smette di crescere. Hai notato dei cambiamenti, magari durante la tua assenza nel 2014? 

- Sì, ci sono stati dei grossi cambiamenti dal 2013, in termini di gare, di equipaggiamento, di numero di squadre e di partecipanti. Ma in fondo, era lo stesso anche prima. La parte alta delle classifiche ha raggiunto livelli altissimi, ma è soprattutto la parte bassa delle classifiche che vede molte persone in poche posizioni. Prima, se cadevi, potevi comunque finire in quinta o sesta posizione. Adesso gli scarti sono così serrati che finisci in ventesima se non addirittura dopo. Quello che è cambiato è che ci sono molti più biker che affrontano questa disciplina con una preparazione eccellente. Il fatto è che, quando sei al top, bisogna sempre rimettersi in discussione e cercare di migliorarsi per poter restare in cima.

Jerome Clementz è uno dei pro' più attenti allo sviluppo dei prodotti che utilizza in gara. Sa molto bene di cosa ha bisogno e sa altrettanto bene come farlo funzionare a dovere. Collabora attivamente con Sram, Rock Shox, Alpinestars e molti altri brand.

Jerome Clementz è uno dei pro' più attenti allo sviluppo dei prodotti che utilizza in gara. Sa molto bene di cosa ha bisogno e sa altrettanto bene come farlo funzionare a dovere. Collabora attivamente con Sram, Rock Shox, Alpinestars e molti altri brand.

- Al di là del fisico e della tecnica pura, oggi, non pensi possa essere l’approccio mentale a fare la differenza tra rider buoni e rider top, nell’Ews?
- Sì, è chiaro. L’esperienza permette di affrontare le gare senza troppa pressione, che invece può farti perdere tutto.
Guarda Barel o Graves: hanno già vinto molto in altre discipline e non hanno nulla da dimostrare e grazie a questo, possono dare il meglio di loro stessi.
E poi a volte ci sono dei click che scattano. Come ad esempio nel caso di Nicolas Lau, l’anno passato: dopo la sua vittoria in Scozia è stato molto più regolare nei risultati. Lo stesso per Damien Oton, dopo la Thuile, la sua stagione è stata un successo… e ha continuato a crescere fino a salire sul secondo posto in classifica finale.

Jerome Clementz in azione sui suoi sentieri.

Jerome Clementz in azione sui suoi sentieri.

- Hai parlato di Fabien Barel come di un grande rivale per il titolo Ews 2015. Chi sono gli altri? Jared Graves?

- Sicuramente Jared. Non è certo perché ha mancato la prima manche che ha smesso di essere una minaccia per quest’anno.
Anzi, al contrario: ha un titolo che lo mette a suo agio e d’altra parte dovrà far del suo meglio in tutte le altre manches per recuperare il suo ritardo. Mi sembra un cocktail particolarmente pericoloso, soprattutto conoscendo il personaggio, le sue capacità fisiche e mentali.
Ma è comunque presto per pronunciarsi. La stagione è ancora lunga e ci sono molte cose da fare prima di pensare all’aspetto generale. La sola certezza è che ci sarà da battersi…

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- Sul calendario, quali sono le prove che ti stuzzicano di più?

- Non vedo l’ora di gareggiare in Irlanda e in Scozia perché sono terreni abbastanza simili a quelli che si trovano qui e nella parte est della Francia. Ma questo non vuol dire che saranno gare scontate per me, perché in Nuova Zelanda credevo di trovare un terreno di gara non ottimale per me, eppure abbiamo visto che è andata a finire piuttosto bene.
Insomma, non voglio fare previsioni astratte. E poi, la base dell’enduro è la capacità di adattarsi.

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- Al di là della competizione, sei un grande viaggiatore e i tuoi video riscuotono molto successo tra i nostri lettori. Sei stato un bel po’ di tempo in Nuova Zelanda, quest’inverno. L’anno scorso invece sul Mont Rinjani in Indonesia. Hai previsto altri grandi viaggi per quest’anno?
- No, in realtà non ho ancora deciso. Beh, non lo nascondiamo: sia a me che a Pauline piace viaggiare e abbiamo un po’ di idee in testa.
Il viaggio fa parte del nostro equilibrio e preferisco correre un po’ meno per girare dei video che fare sfide contro il cronometro. E’ una cosa che gli sponsor apprezzano e che fa la differenza rispetto ad altri rider.
Per il 2015 non ho ancora molto di concreto in mente. Mi piacerebbe andare in Giappone, nello Yukon, in Alaska… e anche in Scandinavia. E’ una cultura che mi attira molto, ma d’estate si corre e d’inverno c’è la neve.

In bocca al lupo, Jey, per le prossime gare del 2015.

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