Tra i giganti della Dh: intervista a Leo Pedoni, team manager del Rogue Racing

Silvia Marcozzi
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Quando arriviamo nella sede del Rogue Racing a Misano Adriatico mancano dieci giorni a Lenzerheide e i preparativi per la prima tappa di Coppa del Mondo fervono già.

Siamo in Romagna, in quella terra che è conosciuta come la Motor Valley, e non è un caso. La storia del Rogue Racing inizia infatti nel 2013 proprio dal mondo delle moto. È dalle corse su pista che viene infatti il giovane team manager Leonardo Pedoni.

L’avventura motociclistica del Rogue Racing dura due anni. Nel 2015 il team subisce a scoppio ritardato il contraccolpo della crisi finanziaria sugli sponsor. Negli stessi anni Pedoni ha iniziato a praticare downhill e l’idea di virare verso il mondo bici sembra una valida alternativa. 

Rogue Racing
Foto Yuri Cortinovis

Da team amatoriale alla Coppa del mondo

“Siamo partiti come team amatoriale, ma nella mia testa avevo già un’idea di dove volevo arrivare.” 

La visione di Pedoni nel tempo si rivela giusta. La svolta arriva nel 2017, quando il team ingaggia il giovane e promettente Francesco Savadori, talentuoso fratello del Lorenzo della Moto GP. 

Quasi contemporaneamente Leonardo incontra Gianpaolo Mazzoni, che diventerà il capo-tecnico del team: “È stato fra i pionieri della downhill in Italia, e aveva una grande competenza in materia di sospensioni. È stato un po’ come incontrare la metà che stavo cercando per fare la differenza”.

Rogue Racing
Gianpaolo Mazzoni al lavoro nel paddock / Foto Juri Cortinovis

Da quel momento, il Rogue Racing inizia a farsi notare a livello nazionale. Le bici funzionano e i rider portano a casa risultati importanti. Nel 2019 il rooster vede al suo interno Loris Revelli, Francesco Petrucci e Alia Marcellini, che porteranno il team a vincere il campionato italiano assoluto. 

A questo punto Leo sa che la squadra è quasi pronta per fare il suo ingresso in Coppa del Mondo. Manca solo uno sponsor che possa fornire il supporto necessario.

"Quando ho visto che Pirelli aveva aperto una sezione Cycling ho capito che era la mia occasione. Sono riuscito ad avere un buon contatto e nel 2020 siamo diventati team sviluppo. Nel 2021 grazie al loro supporto siamo riusciti ad entrare in Coppa del Mondo, unico team italiano UCI”.

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Foto Juri Cortinovis

Un bel traguardo, ma per il Rogue Racing è solo l’inizio, che mette a segno in brevissimo tempo risultati importanti. Si piazza infatti in quasi tutte le tappe nella top 30 o top 20 e si riconferma miglior team a livello nazionale. Nel 2022 Davide Cappello si piazza secondo nel Campionato Europeo juniores e terzo al Mondiale, riconquistando nuovamente il titolo italiano.

- Leo, siete pronti per la nuova stagione? 

- Assolutamente sì, ho delle buone sensazioni, il team ha lavorato bene e siamo pronti a dare il massimo anche quest’anno. Abbiamo riconfermato la presenza di Davide Cappello, che ho praticamente visto crescere dentro il team, e di Davide Palazzari, che ormai è a tutti gli effetti un membro della mia famiglia, dato che durante l’estate si trasferisce dalla sua Sardegna a casa mia per la stagione agonistica. 

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Davide Palazzari e Davide Cappello in trackwalk / Foto Yuri Cortinovis

Anche Sofia Priori correrà ancora per il team ma si muoverà più in autonomia quest’anno, mentre sono molto felice di aver accolto nel team Lorenzo Mascherini. Lorenzo ha solo quindici anni ma è estremamente promettente. Con lui stiamo scommettendo sul futuro, dato che il nostro è un impegno di più anni per portarlo in Coppa del Mondo appena passerà juniores nel 2024. 

- Cosa ti aspetti dai cambiamenti di quest’anno, con l’ingresso di Discovery e il nuovo regolamento?

- Onestamente è difficile dirlo. Di certo l’introduzione della semi-finale è una sfida che aggiunge pressione. I piloti che si contendono l’ingresso in finale sono moltissimi e si correrà sempre con il coltello fra i denti. 

Dal punto di vista mediatico spero molto che l’ingresso di Discovery riesca a rendere la downhill un po’ più mainstream. Questo consentirebbe la crescita di tutto lo sport, l’ingresso di sponsor fuori settore e più possibilità per tutti. 

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Davide Cappello in azione / Foto Yuri Cortinovis

- Per i piccoli team potrebbe fare la differenza.

- Moltissimo. La downhill è una nicchia nella Mtb, gli sponsor sono tutti marchi di settore e quasi sempre hanno i loro factory team. Questo significa che spesso per i piccoli come noi è difficile trovare sostegno, a prescindere dai risultati ottenuti. Non sempre la visibilità va di pari passo con la prestazioni. 

Pur avendo migliorato continuamente i nostri risultati ogni anno dobbiamo ricontrattare gli accordi con gli sponsor. Per un piccolo team anche differenze di budget minime possono fare la differenza, ed è difficile tenere in equilibrio tutto. 

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Foto Yuri Cortinovis

- È questo il tuo ruolo come team manager? 

- Esatto, che nel caso di un team come il nostro significa tante cose. Dal trovare i contatti giusti al curare le pubbliche relazioni fino a fare la spesa e cucinare per tutti durante i week end di gara. Devi essere il primo che arriva al paddock la mattina e l’ultimo che va via.

Non è sempre facile e i grattacapi sono parecchi. Diciamo che passo parecchie notti insonni. Però al mattino ho sempre voglia di ricominciare, perché è questo che ho scelto di fare.

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Foto Yuri Cortinovis

- Questo non è il tuo unico lavoro però.

- No, ho un’altra attività e quando rientro il lunedì mattina devo essere al 100% presente anche se rientro da una trasferta massacrante. È dura ma questo mi ha anche permesso di reinvestire tutto il possibile nel team.

Nei primi anni questo può fare la differenza tra restare dentro il gioco o venire tagliati fuori. Dal prossimo anno spero di potermi dedicare completamente al team. Dopo tutti i sacrifici e l’impegno sarebbe un bel traguardo. 

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Foto Yuri Cortinovis

- Che cosa pensi del movimento Dh in Italia?

- Devo dire che negli ultimi due anni siamo stati un po’ assenti dalla scena nazionale perché molte volte le gare sono concomitanti con prove del calendario di Coppa del Mondo. Noto con piacere che il movimento è sano e che c’è partecipazione.

A livello di tracciati penso che dovremmo prendere un po’ esempio dall’estero, alzando il livello tecnico ma anche i criteri di sicurezza. Non sempre le linee più facili sono anche le più sicure. I rider abituati a correre in Italia potrebbero trovarsi in difficoltà una volta inseriti in un contesto internazionale, dove invece il livello tecnico è molto alto.

Vedo molto positivamente la presenza di Simone Tartana alla guida della Nazionale. La scelta di portare in ritiro molti giovanissimi può risultare scomoda per gli élite ma è un investimento importante per il futuro.

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Davide Palazzari / Foto Yuri Cortinovis

- Cosa serve in Italia alla downhill?

- Serve cultura della bici. In Francia non è raro vedere le scolaresche in gita nei campi gara insieme agli insegnanti. In Italia invece c’è ancora chi ci vede come dei pazzi scriteriati che si divertono a lanciarsi giù dalle discese in bici quasi a caso. In pochi sanno quanto lavoro c’è dietro al nostro sport, quanta preparazione, tecnica, sviluppo. 

- Come pensi si possa diffondere questa cultura?

- Dobbiamo essere noi prima di tutto bravi a comunicare il nostro sport. Se ci pensi la mitologia della Mtb nasce in ambito DH. Nei negozi di bici per la maggior parte si vendono bici per scopi diversi, ma poi sul muro ti trovi la gigantografia di Rachel Atherton o di Greg Minnaar. Questo è molto bello, ma bisogna comunque mettere le persone nelle condizioni di comprendere e seguire quello che facciamo.

Questo week end il Rogue Racing affronterà la prima tappa di Coppa del Mondo a Lenzerheide, in Svizzera. A Pedoni e ai suoi ragazzi va il nostro più caloroso in bocca al lupo per nuova stagione.

Vi invitiamo a seguirli sul loro profilo Instagram.

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Sull'autore
Silvia Marcozzi

Vivo da sempre in equilibrio tra l’amore per lo studio e le parole - ho due lauree in lettere e un dottorato in lingue - e il bisogno di vivere e fare sport all’aperto. Mi sono occupata a lungo di libri e di eventi. Dieci anni fa sono salita su una bici da corsa e non sono più scesa, divertendomi ogni tanto a correre qualche granfondo. Da poco ho scoperto il vasto mondo dell’off-road, dal gravel alla Mtb passando per le e-Mtb, e ho definitivamente capito che la mia sarà sempre più una vita a pedali.

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