Qual è il regalo perfetto per un rider?

Silvia Marcozzi
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Natale è tempo di regali. Se avete in famiglia un rider appassionato o lo siete voi per primi è naturale pensare a nutrire questa passione con qualcosa di utile alle uscite in Mtb. 
Ma qual è il regalo perfetto per ogni rider?

Un nuovo paio di guanti, un multi-tool super leggero o un casco abbinato alla maglia della squadra saranno sempre apprezzati, anche per la facilità con cui certe cose tendono ad usurarsi in uno sport come il nostro.

C’è però ancora qualcosa che potreste regalare e che andrà bene qualunque siano il livello e le predilezioni del vostro caro. 
Stiamo parlando di un corso di guida con un coach qualificato: vi spiego perché questo è davvero il regalo perfetto per ogni rider. 

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Perché un corso di guida è un regalo perfetto

Siamo abituati a pensare che un coach serva ai giovanissimi oppure a chi manca di basi e inizia da zero ad andare in Mtb.

A differenza di molti altri sport è frequente approcciare la Mtb senza una preparazione tecnica specifica. In fondo si tratta di andare in bici. Con un po’ di coraggio e un po’ di tenacia si può arrivare a guidare una Mtb abbastanza bene da divertirsi con gli amici. 

Peccato che senza basi adeguate spesso quello che facciamo è imparare e consolidare tecniche di guida sbagliate. Questo potrebbe metterci in difficoltà su alcuni terreni, o crearci dei blocchi mentali che limiteranno il nostro divertimento.

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Si pensa spesso che i corsi servano a chi inizia uno sport oppure ai bambini o ai giovanissimi. Niente di più sbagliato. 
Anche se siete rider esperti un coach qualificato può aiutarvi a lavorare sulle lacune o a rafforzare certe abilità. Senza contare che prendere delle lezioni significa anche dedicare un tempo diverso a quello che ci appassiona. 

Lavorare sulle fondamenta

«Tante volte siamo sopraffatti dalla frenesia quotidiana e, dovendo gestire mille impegni, finiamo per preferire la quantità alla qualità, la velocità al tecnicismo. Viviamo in modalità “toccata e fuga” anche le nostre passioni».

È questo il parere di Corrado Toso, coach di BMX ed Mtb abituato a lavorare con rider di tutti i livelli, dai bambini ai professionisti della Coppa del Mondo di DH. 

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«Una casa si costruisce dalle fondamenta, e non dal tetto ed è questo che si fa lavorando con un coach. È dalla giusta posizione dei piedi sui pedali, dal corretto posizionamento di gambe, bacino e tronco e dall’idonea impugnatura del manubrio che si diventa padroni della propria compagna di adrenalina, libertà e divertimento.

Per garantire ciò è necessario avviare un lavoro personalizzato sul rider. È fondamentale porre l’attenzione alle sue caratteristiche fisiche, alla sua fluidità dei movimenti, al suo timing, alla sua stabilità e simmetria del gesto, così come al suo sguardo.

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Diventa poi necessaria la consapevolezza dei propri limiti per poterli superare. Non solo dal punto di vista tecnico ma anche personale.
Migliorare il proprio “andare in bicicletta” significa anche incrementare la propria soddisfazione e sicurezza personale. 

Si impara a scoprire se stessi nel percorrere nuovi sentieri con il giusto approccio alla bici.
I punti di forza caratteristici di ogni rider diventano parte integrante e fondamentale di una lezione di tecnica in quanto al primo posto viene evidenziato il potenziale della persona. 

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Ecco perchè prendere parte a una lezione di tecnica, non significa “non essere capaci di andare in bici”, ma anzi può essere visto come un investimento per noi stessi.

È più importante durante le nostre uscite mettere in pratica ciò che si è appreso nella lezione di tecnica, curando il dettaglio, piuttosto che accodarci a rider più veloci che distolgono il nostro focus. "Average speed wins races"». 

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Non solo principianti

Anche chi ha velleità agonistiche o chi è già veloce in bici trarrà dovrebbe lavorare costantemente sula propria tecnica di guida.
Per capirlo è sufficiente guardare ai professionisti, che ne fanno una componente fondamentale durante la loro carriera. 

Leggende come Pauline Ferrand-Prevot e oggi Peter Sagan lavorano tantissimo ad esempio per adattarsi ai nuovi percorsi delle gare di Xc, sempre più tecnici ed estremi.

La campionessa del mondo di Dh Vali Höll trascorre praticamente l’inverno a ruota di Cécile Ravanel, ex atleta e oggi coach di alcuni dei migliori al mondo. 
Negli ultimi anni le due hanno lavorato moltissimo anche sulla confidenza mentale, come racconta il progetto di Rock Shox Lyrics da cui nasce il video qui sotto.

«La Mtb può essere uno sport divertente ed esaltante, oppure può far paura ed essere pericoloso. Se si tratta del primo o del secondo caso dipende principalmente dal controllo che il rider ha della bici. Nella mia esperienza le persone non si concentrano abbastanza su questo punto». 

Sono le parole di Rafaela, alias Roxy, bike e mental coach tedesca che risiede e lavora da anni a Mallorca. Molto seguita in rete, con i suoi video, podcast e corsi online è riuscita ad estendere il suo lavoro anche a distanza.

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Andare in bici non basta

«Quasi tutti quelli che iniziano a suonare uno strumento o a giocare a golf prendono lezioni. Ma con la Mtb, che è decisamente più pericolosa, le persone si limitano ad “andare in bici”. Non è un approccio molto intelligente, no?

Le persone semplicemente “vanno in bici” per migliorare. Ma non è così che funziona, in particolare per gli adulti. Non è così che funzionano gli schemi motori e il cervello degli adulti. 

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“Andare in bici” ci mette in una zona di performance. È come suonare il piano sempre su un palco e non esercitarsi mai nella nostra stanza. Sì, girare sui trail ci consente di costruire la resistenza e di sopravvivere con le nostre abilità, ma non ci consente di costruirne di nuove. 

Per imparare nuovi movimenti abbiamo bisogno di una zona di apprendimento sicura. Se non siamo al sicuro il nostro cervello non imparerà nuove cose, ed è per questo che non apprendiamo. 

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È solo qui che un adulto impara e solo in seguito può trasferire queste abilità sui sentieri. Se saltiamo la zona di apprendimento il risultato sono abitudini compensatorie sbagliate e movimenti basati sulla forza. 

Nel lungo periodo il risultato di “andare in bici” e basta possono essere cadute, paura e stagnazione. Ecco perchè è importante lavorare con un con coach e poi esercitarsi per conto proprio regolarmente. Nessuna clinic di un giorno risolverà i vostri problemi, bisogna esercitarsi proprio come chi suona il piano. 

Credo davvero che sia tempo che allenare le abilità tecniche inizi ad essere visto come un elemento fisso dell’andare in Mtb. I sentieri stanno diventando sempre più tecnici, ma i rider non diventano magicamente più abili».

Foto dell'articolo: gentile concessione di Corrado Toso TC Bike Coaching e Roxy Bike Coaching.
Sui loro siti tcbikecoaching.com e roxybikemallorca.com potete scoprire di più su di loro e seguirne le attività.

Qui sotto l'intervista in cui Peter Sagan ci ha raccontato come si sta rimettendo in gioco per tornare a competere nell'Xc moderno.

Foto di apertura: Credits Sterling Lorence/Trek

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Sull'autore
Silvia Marcozzi

Vivo da sempre in equilibrio tra l’amore per lo studio e le parole - ho due lauree in lettere e un dottorato in lingue - e il bisogno di vivere e fare sport all’aperto. Mi sono occupata a lungo di libri e di eventi. Dieci anni fa sono salita su una bici da corsa e non sono più scesa, divertendomi ogni tanto a correre qualche granfondo. Da poco ho scoperto il vasto mondo dell’off-road, dal gravel alla Mtb passando per le e-Mtb, e ho definitivamente capito che la mia sarà sempre più una vita a pedali.

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