INCHIESTA - Abbiamo acquistato e provato dei cerchi in carbonio cinesi e...

Simone Lanciotti
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L’11 febbraio scorso ho risposto a una domanda di un lettore, Luca, che chiedeva informazioni su come allestire una coppia di ruote da all mountain.
Ed è stato tramite quella mail che sono entrato a conoscenza di un produttore cinese di cerchi in fibra di carbonio, Light-bicycle.com
Sono entrato nel sito e ho notato due cose: una gamma vastissima e attuale di cerchi (praticamente per tutte le tipologie di bici, ruote Plus incluse) e prezzi ridicoli rispetto a quello che è il costo medio sul mercato di un cerchio in carbonio.
La cosa ha destato la mia curiosità, alimentata anche da alcuni commenti letti in quell’articolo: “Cosa ci vuole a fare un test con una coppia di ruote montate con questi cerchi?”
Ho iniziato una breve indagine e ho scoperto che, in effetti, il marchio Light-Bicycle è quasi sconosciuto pur avendo un certo numero di estimatori nel mondo, e anche in Italia.
«Bene - ho pensato - facciamo una prova».
Entro nel sito, scelgo una coppia di cerchi in carbonio da 29” (al costo di 165 dollari americani l’uno) e volutamente commetto un errore nell’ordine.
Pago (tramite Paypal) e qualche ora dopo comunico al produttore la rettifica da fare all’ordine: 32 fori anziché 28.
La rettifica viene ricevuta e apportata dopo pochi istanti.

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L’ordine dei due cerchi è stato fatto da me personalmente (senza tirare in ballo MtbCult che avrebbe potuto falsare positivamente le procedure), in data 12 febbraio 2015, ovvero a ridosso del Capodanno cinese (la seconda metà di febbraio).
Per diverse settimane non ho più ricevuto notizie fino a che verso la metà di marzo da Light Bicycle mi arriva la conferma di spedizione dei cerchi.
All’inizio di aprile arrivano in Italia, alla dogana di Malpensa.
La dogana mi chiede di inviare loro tramite e-mail la ricevuta di pagamento fatta tramite Paypal per calcolare il dovuto in termini di dazi doganali e tasse varie.
Intorno al 20 di aprile i cerchi arrivano a destinazione dopo circa 2 mesi dal momento dell’ordine.
Costo totale dell’operazione: 500€, euro più euro meno.
Peso i cerchi con la solita bilancia: 397 gr l'uno.
Avevo quindi in mano due cerchi in carbonio cinesi, con un marchio sconosciuto impresso sopra, ma molto ben fatti: profilo hookless, larghezza interna di 24 mm, peso di 395 gr l’uno (dato dichiarato) e nessuna sbavatura.
Serviva di trasformarli in ruote.

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Ho preso due mozzi Hope (89,90 + 214,90 = 304,90€), raggi Dt Swiss Competition (circa 80€) e ho quindi fatto assemblare le ruote.
Costo totale delle ruote: 500+304,90+80= 884,90€, operazione di montaggio esclusa.
Ultimate le ruote (con gomme Schwalbe Hans Dampf davanti e Racing Ralph dietro, entrambe da 2,35”), ho iniziato subito a girare su sentieri, mulattiere, asfalto e quant’altro.
Ero curioso di capire quanto validi fossero questi cerchi, ma non vi nascondo che il “sospetto” sulla loro validità l’avevo già dall’inizio.
Ebbene, dopo circa 700 km di utilizzo questi cerchi hanno risposto in maniera ineccepibile a un uso impegnativo della Mtb e anche ad alcuni abusi, cioè passare sopra a rocce smosse e sassi allo scopo di maltrattare il cerchio e nonostante il fragore dell’impatto, il cerchio è sempre rimasto intatto.
E la centratura è rimasta quella del primo giorno.

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Qualche scalfittura, anche profonda, ma nulla che possa preoccupare, almeno ad un’analisi visiva e tattile.
Insomma, questi cerchi hanno fatto il loro dovere.

1ª considerazione: il risparmio
Il conteggio è facile da fare: un cerchio in carbonio di marca costa intorno ai 1000€ (in alcuni casi anche di più) e allestire due ruote con cerchi in carbonio significa arrivare facilmente a 2500€.
Il risparmio è evidente.

2ª considerazione: l’affidabilità
Light-Bicycle, in questo caso, mi ha stupito, ma non so dire se oggi facendo un altro ordine lo standard qualitativo dei cerchi sarebbe esattamente lo stesso di quelli che ho acquistato io.
Nel mio caso potrei dire di essere stato fortunato, ma non lo so con certezza, mentre posso dire che questi cerchi si sono dimostrati affidabili, grazie anche all'abilità di chi ha allestito le ruote.
Comunque, il test di questi cerchi è ancora in corso e se ci fossero problemi vi terrò aggiornati.

3ª considerazione: l’appeal
Onestamente avrei preferito un cerchio no-logo piuttosto che un cerchio con la scritta di un marchio sconosciuto, ma per ragioni fotografiche ne ho ordinato una coppia con scritte e fregi di colore arancio, molto ben visibili.
Se per voi l’appeal estetico di una bici conta, allora, forse, potreste non prendere mai in considerazione questa soluzione, perché un cerchio Enve è tutta un’altra storia soprattutto se la considerazione numero 1 per voi non è rilevante.

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4ª considerazione: l’assistenza post vendita
Non so dire molto, perché la rettifica dell’ordine, per quanto veloce, è stata fatta ancor prima di aver ricevuto i cerchi.
Se oggi un cerchio si dovesse rompere dovrei contattare direttamente il produttore (con tutte le eventuali difficoltà dovute alla lingua inglese), spiegare l’accaduto e, se sono ancora nel limite di tempo della garanzia (di un anno soltanto) e se si tratta di un difetto di costruzione, esigere una riparazione o una sostituzione.
La procedura potrebbe essere molto lenta (fra valutazioni, spedizioni e sdoganamenti) e forse non andare a buon fine.
Ma ricordarmi della considerazione numero 1, in tal caso, mi è di conforto.
AGGIORNAMENTO DEL 19 SETTEMBRE
C’è chi ha commentato l’articolo chiedendosi: chi risponderebbe di eventuali danni a cose e persone causati dalla rottura improvvisa del cerchio? Ho ritenuto opportuno aggiungere quanto segue in merito alla 4ª considerazione
Se la rottura è dovuta a un difetto di costruzione, allora, avendo acquistato direttamente dal produttore, ne risponde quest ultimo, con tutte le complicazioni di interagire (anche per vie legali) con un produttore di altra lingua il cui marchio è semi sconosciuto.
Questo aspetto permette di tirare in ballo due fattori molto importanti e talvolta sottovalutati: il valore del marchio e la figura dell’importatore.
Se il marchio è noto, stimato e identificato per la sua qualità la gestione di una problematica su un prodotto viene affrontata dal marchio stesso anche per tutelare la sua immagine.
E in questo caso il valore del marchio è da intendersi come un “plus” qualitativo per i suoi prodotti e per la tutela del consumatore.
E se invece un produttore non avesse particolare interesse a valorizzare il proprio marchio (ad esempio nel caso in cui il suo principale introito fosse la produzione per conto terzi), come andrebbero le cose?

Se fra produttore e acquirente si frappone la figura dell’importatore, nel caso di problematica su un prodotto il cliente deve prima di tutto interpellare chi gli ha venduto il bene in questione.
Se è un negoziante, questi interpella l’importatore che a sua volta si rivolge al produttore al quale spetta l’onere principale di gestire la problematica.
Se in apparenza può sembrarvi macchinosa come procedura, in realtà è una trafila collaudata e soprattutto regolamentata da leggi.
L’importatore, quindi, porta, sì, a un aumento del costo finale del prodotto, ma a fronte di un servizio di assistenza post-vendita sul quale il negozio e poi l’utente finale possono fare affidamento.

Ultima considerazione: ne vale la pena?
A ognuno di voi la risposta a questa domanda, ma di sicuro la scoperta (che poi è un po’ la scoperta dell’acqua calda) di un produttore cinese che vende direttamente a prezzi stracciati fa riflettere.
Il confronto con i prezzi di marchi più blasonati apre una riflessione su quanto siamo disposti a pagare un cerchio in carbonio, ossia un componente che, sì, aiuta la guida di una Mtb (a patto di saperne apprezzare i benefici), ma è anche potenzialmente più esposto a rotture di tanti altri componenti della bici.

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Ne vale la pena?
Se siamo degli agonisti esigenti, capaci nella guida e puliti nelle traiettorie allora sì (specialmente nell'enduro e nella Dh).
Se cerchiamo l’upgrade da fare per dare un tocco in più alla bici, ma come capacità di guida siamo nella media (e magari anche sotto la media), forse no.

Decidete voi e se vi va fateci sapere come la pensate.

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Sull'autore
Simone Lanciotti

Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.

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