TEST - Dirty Native Pro: studiata per le gare di enduro

Simone Lanciotti
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Creare una sella specifica per l’enduro in un momento in cui l'enduro dilaga in tutto il globo è tanto ovvio, quanto difficile.
Dirty, il brand offroad di Selle San Marco, è riuscita in questo intento sfornando un prodotto, la Native, che incarna, oltre all’esperienza pluriventennale del marchio veneto, anche i suggerimenti tecnici di rider di alto livello.
Non è un prodotto costruito con il marketing, cioè non è una sella i cui attributi vengono creati da slogan o campagne pubblicitarie, ma è un componente realmente efficace per chi pratica l’enduro. E chi l’ha provata ha avuto modo di convincersene.
Volete sapere perché? Ecco le risposte.

Punta stretta
Se la punta della sella è stretta e affusolata i movimenti del rider sono facilitati e nella pedalata si vanno a ridurre gli sfregamenti fra l’interno delle cosce e, appunto, la sella. La Native, quindi, è pensata anche per pedalare, perché l’enduro, quello all’italiana, prevede anche le salite…

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Profilo quasi piatto
Una delle virtù della Native è proprio il suo profilo. Non è piatto e nemmeno arcuato, ma è un giusto compromesso fra la necessità di avere un minimo di supporto in salita e nessun intralcio nei movimenti in discesa.

Più dura di quanto si creda
Sì, la Native, in versione Pro, è più dura di quanto ci si aspetterebbe da una sella per l’offroad, ma la scelta di un’imbottitura più “sostenuta” del previsto risponde a esigenze di efficienza di pedalata. La Native è anche una sella per pedalare e se si hanno muscoli abbastanza tonici non risulta poi così scomoda.

Il telaio in CarbonWaist è ben distanziato dallo scafo.

Il telaio in CarbonWaist è ben distanziato dallo scafo.

Scafo e telaio ben distanti
Se la guardate di profilo la Native colpisce per la sua altezza, ovvero per la distanza fra lo scafo (cioè il piano di appoggio della sella) e il telaio che, nella versione Pro, è in fibra di carbonio, anzi, Carbon Waist, cioè oltre alla fibra si fa ricorso anche a una microstruttura interna in lega metallica.
Questa generosa distanza consente allo scafo di flettere leggermente e di attutire una parte delle sollecitazioni che provengono dal terreno.

Il profilo della sella non è proprio piatto, ma leggermente rialzato nella parte posteriore, quel tanto che basta per dare supporto alla spinta sui pedali in salita.

Il profilo della sella non è proprio piatto, ma leggermente rialzato nella parte posteriore, quel tanto che basta per dare supporto alla spinta sui pedali in salita.

E’ facile arretrare il bacino
Ovvero nessuna interferenza fra calzoncini e sella quando si arretra il bacino in discesa. La Native non è stretta (131 mm di larghezza), ma nemmeno tanto larga da intralciare i movimenti. Dirty ha trovato, a nostro avviso, un cocktail di misure e materiali davvero ben riuscito.

Leggera
159 grammi sono un bel risultato e su bici da enduro di alto livello, si sa, la leggerezza si guadagna a piccoli step. La Native Pro da questo punto di vista è un altro bel vantaggio.

Il rivestimento sui fianchetti posteriori si è appena logorato durante il test di 4 mesi. Questa parte è molto esposta sia nelle cadute (che non sono mancate...), sia quando si appoggia la bici al muro.

Il rivestimento sui fianchetti posteriori si è appena logorato durante il test di 4 mesi. Questa parte è molto esposta sia nelle cadute (che non sono mancate...), sia quando si appoggia la bici al muro.

Resistente all’abrasione
L’abbiamo testata per oltre 4 mesi, in condizioni di pioggia, fango e polvere (è stato anche un inverno insolitamente caldo…) e tanto le finiture, quanto le scritte hanno resistito al meglio. Dopo 4 mesi di test sono ancora lì, ben leggibili.

In conclusione…
Per quanto giudicare una sella sia un compito inevitabilmente influenzato dalla propria anatomia, la Native Pro ha, oggettivamente, i requisiti che una sella da enduro dovrebbe avere. La prima sensazione, appena seduti, lascia un po’ interdetti, perché da una sella per una specialità gravity oriented come l’enduro ci si aspetterebbe maggiore morbidezza, ma, almeno nel nostro caso, sono bastati pochi km per trovare la giusta confidenza. Tanto in salita, quanto in discesa.
Chi non ha l’abitudine a pedalare su selle abbastanza rigide oppure non ha una muscolatura delle gambe sufficientemente tonica (una delle ragioni dell’indolenzimento del soprassella) potrebbe trovare questa sella non adeguata alle proprie necessità.
In linea di principio non possiamo sconsigliarla, perché, come detto, la scelta della sella è condizionata moltissimo dalla propria anatomia, ma ci sentiamo di sottolineare questo aspetto.

Ogni dettaglio è molto curato: la Native Pro può contare sul trattamento Ultradrive (di colore rosso nella foto) che migliora il grip fra sella e calzoncino.

Ogni dettaglio è molto curato: la Native Pro può contare sul trattamento Ultradrive (di colore rosso nella foto) che migliora il grip fra sella e calzoncino.

Se siete degli agonisti, se amate pedalare e se avete l’abitudine a stare in sella per ore (come una gara di enduro richiede) questa sella fa per voi.
A nostro avviso è una vera sella da enduro e nella versione Pro risulta anche molto leggera e solida.
Quanto costa? Il distributore italiano, 4Guimp, la mette in listino a 139,90€, cioè ad un prezzo che, rispetto alla concorrenza di pari caratteristiche, è comunque basso.
La Native Pro è disponibile nella colorazione rosso-nera (come in foto) e bianco-nera.
Per tutte le caratteristiche tecniche della sella e della gamma Native (oltre alla versione Pro ci sono infatti anche la Team e la One) vi rimandiamo a questo articolo, mentre per conoscere tutti i colori, i pesi e la gamma completa Dirty cliccate qui.

Per informazioni Dirtysm.com oppure 4Guimp.it

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Sull'autore
Simone Lanciotti

Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.

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