Mirko Celestino: «Ecco perché la bici da strada serve anche ai biker»

Simone Lanciotti
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STIGLIANO (Si) - Un po’ grazie al ciclocross e un po’ grazie al fenomeno gravel, mai come negli ultimi tempi la Mtb e la bici da strada si stanno avvicinando.
La linea di demarcazione fra le due tipologie di bici diventa sempre più sfumata e guardandosi intorno basta poco per accorgersi che molti dei biker agonisti la bici da strada la usano, eccome.
Come strumento di allenamento è quasi insostituibile, ma richiede qualche accortezza.
L’inverno è ancora lontano, ma vale la pena proiettarsi un po’ avanti e provare a rivedere i metodi di allenamento non tanto in chiave agonistica, ma nel senso più ampio del termine, cioè per essere preparati all’uscita lunga del weekend.

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Lo schieramento di forze della Scott alla tappa toscana dello Scott on Tour

Lo sappiamo tutti: più siamo allenati, più ci divertiamo.
Ed ecco perché ho pensato di chiedere a Mirko Celestino (se non lo conoscete leggete più avanti chi è) di spiegare quali benefici può dare la bici da strada in allenamento in chiave non agonistica.
E questa conversazione, avvenuta in occasione di una delle tappe dello Scott on Tour nei pressi di Rosia (Si), ha toccato molti altri punti interessanti.

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La curiosità di provare le novità 2016 è davvero molto alta: i test si susseguono uno dopo l'altro. In Scott non hanno un attimo di tregua.


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Come l'importanza di diversificare la propria attività sportiva, la motivazione, la voglia di far fatica in sella, la doppia uscita in bici al giorno...

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- Ti va di raccontarci chi è Mirko Celestino? Cosa hai fatto nel tuo passato agonistico?
- Allora, ho iniziato a correre a 6 anni e non ho più smesso fino ad arrivare tra i professionisti.
All’età di 16 anni, dalla Liguria mi sono trasferito a Bergamo e lì ho corso prima nelle categorie giovanili e poi sono passato al professionismo nel 1996 con il Team Polti. C’erano Gianni Bugno e Gianluigi Stanga come direttore sportivo.
Sono rimasto lì per cinque anni e poi sono andato alla Saeco insieme a Cipollini, Savoldelli, Simoni e Virenque per altri 4 anni. Dopo sono andato nella nuova squadra sponsorizzata da Milram dove ho ritrovato Stanga come direttore sportivo e altri grandi compagni come Petacchi e Zabel. E ho corso con loro gli ultimi tre anni, poi nel 2007 ho deciso di smettere di correre.

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La vittoria al Montello del tricolore Marathon

 

- Cosa c’è nel tuo palmares come ciclista?
- Dunque, ho vinto due gare di Coppa del Mondo, il Giro di Lombardia, Il Gran Premio di Amburgo nel 1999, poi Giro del Lazio, Giro dell’Emilia, 2 volte la Milano-Torino, insomma ho vinto delle belle gare e ho ottenuto anche diversi piazzamenti importanti.
Ad esempio, ho partecipato a ben 11 Milano-Sanremo (tra l’altro sono nato il 19 marzo nel giorno in cui si svolgeva la Milano-Sanremo!) e nel 2003 sono arrivato secondo dietro Paolo Bettini. Grande soddisfazione perché era una gara che sognavo fin da bambino! Poi sono arrivato terzo alla Liegi-Bastogne-Liegi… insomma una bella carriera!
A 33 anni ho deciso di lasciare, non avevo più stimoli né la mentalità vincente, avevo perso quelle motivazioni che ti consentono di fare sacrifici in un mondo così competitivo.
E quando ho smesso ho voluto dedicarmi per un anno, per puro divertimento, alla mountain bike. Già quando correvo, era uno sport che mi piaceva praticare d’inverno, insieme ad altri sport all’aria aperta come correre a piedi, fare sci d’alpinismo, camminare in montagna, nuotare.

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Allora non pensavo minimamente di riprendere a “soffrire” sopra la bicicletta ma ben presto mi sono appassionato e ho sentito la voglia di rimettermi in gioco.
Ci è voluto un annetto per imparare bene la tecnica: io mi sono dedicato maggiormente alle marathon ma avevo difficoltà in discesa pur essendo stato un buon discesista su strada. Ho dovuto imparare come ci si comporta sul fango, sui sentieri stretti e ripidi, sulle radici, sulle pietre…

- C’è stato qualcuno che ti ha aiutato a migliorare la tua tecnica in Mtb?
- A me piace guardare e imparare dai più bravi, cercando di “rubare” con umiltà le tecniche e i trucchi da chi ne sa di più. Mi sono messo semplicemente dietro ai più bravi e ho chiesto aiuto.
Ci sono state delle persone, ad esempio Oscar Lazzaroni, che abitava a Bergamo, vicino a casa mia, che mi ha dato buoni consigli.
E con la volontà di imparare e un po’ di tempo sono riuscito a vincere due Campionati Italiani, ho preso un argento (dietro Lakata) e un bronzo l’anno dopo ai Mondiali Marathon, poi sono arrivato secondo ai Campionati Europei al Montello e ho vinto anche la Sellaronda Hero.

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Conferenza stampa di presentazione della Dolomiti Superbike 2011. Lakata (a sinistra) è sempre stato un rivale di Celestiono in Mtb.

C’è anche un aneddoto curioso della Sellaronda: ero in testa con 5 minuti di vantaggio su Juri Bagnoli quando un passante, ignaro di tutto, mi attraversa la strada. Lui non si è accorto del mio arrivo, io non sono riuscito a evitarlo e così l’ho preso in pieno! Fortunatamente senza conseguenze e io sono comunque riuscito a finire la gara primo.
Quest’anno, nel 2015, ho deciso di smettere anche con le gare in Mtb e la Scott Italia mi ha contattato per fare da testimonial nelle fiere e negli Scott on Tour.

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La disponibilità di Celestino è proverbiale: sceso di sella mette a disposizione la sua esperienza a tutti. Basta fargli una domanda...

- Quindi, adesso è questa la tua attività?
- Sì, e in più ad Andora (il suo paese natale, in provincia di Savona, ndr) ho aperto un bar con annesso un negozio di biciclette e articoli sportivi, dove vendo, appunto, Scott. L’ho fatto diventare in sostanza un “bike-cafè”.

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Mirko Celestino sui suoi sentieri di Andora.

- Quando nel 2007 sei passato dalla bici da strada alla mountain bike cos’era che ti dava più disagio nella guida? O magari al contrario che ti dava più confidenza?
- Il mio problema più grosso è stato non riuscire a guidare bene nei sentieri stretti: nei single track ero impacciatissimo!
Negli sterrati larghi, dove non dovevi scegliere la traiettoria, non avevo difficoltà, anzi nessuna paura della velocità e a volta mettevo in crisi anche qualche altro biker. Invece, sui single track, soprattutto su radici e pietre, non riuscivo a sfruttare gli appoggi, non riuscivo a trovare le traiettorie e a fare i tagli che facevano gli altri perché avevo la sensazione che la bici mi scivolasse e non tenesse il terreno.
Su strada devi guidare pulito, senza sgommate; in mountain bike è tutto uno sgommare, appoggiarsi sulle radici, saltare. Io appena sentivo che la bici scivolava un po’ mi spaventavo e mi sbilanciavo e infatti sono caduto un sacco di volte!
Fortunatamente, nonostante cadute e spalle lussate, mi divertivo molto sulla bicicletta.

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Foto Scott Sports

- Vorrei ora affrontare con te alcune tematiche. La prima è il passaggio dalla mountain bike alla bici da strada per allenamento e la prima domanda che ti rivolgo è se passando dalla Mtb alla bici da strada è necessario adeguare l’altezza della sella.
- Sì. La Mtb di solito si tiene un pochino più bassa (mezzo centimetro o addirittura un cm più bassa) anche per avere più facilità di appoggiare i piedi a terra, visto che capita spesso mentre sei in Mtb di dover sganciare i piedi e appoggiarli o portare a piedi la bici, dove non riesci a pedalare per il fango o le condizioni troppo viscide del terreno.
Su strada questo non succede e poi la posizione è più statica.

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Invece in Mtb, a causa delle diverse inclinazioni del terreno, lavori molto sulla parte anteriore della sella e per questo si tiene la punta della sella molto più inclinata verso il basso. E questo ti dà più vantaggio sulle salite ripide e lunghe dove ti ritrovi a pedalare in una posizione più comoda. In discesa, comunque, la sella non la usi quasi mai in Mtb perché ti alzi all’inizio della discesa e ti siedi praticamente quando arrivi.

- In bici da strada, come scegli l’altezza dell’attacco manubrio?
- Premetto che io non sono stato mai stato un pignolo della posizione, né in Mtb né con la bici da strada. Solo da poco mi sto un po’ “raffinando” perché sto aprendo un centro sportivo dove si potranno fare tabelle di allenamento e studi di posizionamento in bici.

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Fino ad ora io sono sempre stato un po’ tradizionale da questo punto di vista: appoggio la bici al muro e vedo se mi piace la geometria complessiva, poi ci salgo sopra e comincio a regolarla come si faceva una volta, direi “a sensazione”.
E la prima uscita deve essere tutta dedicata a capire se la bici va bene per te. Consiglio di portarsi sempre dietro le due chiavi che ti permettono di regolare le altezze (sella, manubrio…) strada facendo.
Il mezzo si deve adattare a te e tu ti devi adattare al mezzo, senza diventare matto dietro ai millimetri. Devi prestare attenzione ai segnali del tuo fisico. E’ un metodo empirico, ma funziona.
Succede la stessa cosa con le scarpe da running: devi provarle e la “tua” scarpa è quella con cui ti senti comodo, senza badare all’estetica o alla marca.

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Foto Scott Sports

- Ad un biker che sale sulla bici da strada, quali rapporti consigli?
- Per la mia esperienza, dopo essermi dedicato completamente alla Mtb per tre anni per imparare bene la tecnica, quando sono risalito su una bici da strada ho provato una compatta con rapporti 50-34 e mi sono trovato davvero bene. E ancora oggi la uso. Dietro ho una scala pignoni 11-25 che permette di giocare parecchio con i rapporti e consente di affrontare anche salite toste. E’ una buona soluzione che mi sento di consigliare.

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La trasmissione Compact, una delle scelte più indicate per chi viene dalla Mtb.

- Parliamo della larghezza delle gomme: 23, 25, 28 o anche di più?
- Fino a poco tempo fa la sezione delle gomme da strada più usata era 23 anche se in qualche gara se ne usavano pure di più sottili. Ora si sta tornando verso la 25 perché - come mi hanno spiegato - la maggior rigidezza delle bici richiede una gomma più larga.
La Scott mi ha da poco mandato in negozio una bici con i freni a disco - la Scott Solace - che monta copertoni da 28 e devo dire che sono comodissimi: senti molto meno le buche, i tombini, le sollecitazioni in genere.

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Gomme da 28 mm di larghezza su strada. E magari anche tubeless


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- Secondo te, qual è il numero minimo di uscite a settimane che si dovrebbe fare con la bici da strada per prepararsi all’uscita lunga in Mtb nel weekend, magari in montagna?
- Naturalmente dipende da quanto tempo si può dedicare alla bici.
Comunque, se si ha una buona tecnica di guida, passando dalla Mtb alla bici da strada, io direi di uscire almeno un paio di volte alla settimana su strada e di dedicare la domenica alla Mtb. Certo, se fossero quattro uscite in totale sarebbe meglio, aggiungendo una uscita in Mtb (magari più breve) anche durante la settimana.

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Foto Scott Sports

Per quanto mi riguarda io adotto questa “strategia”: quando è brutto tempo, esco su strada così mi sporco meno e quando è bel tempo ed è tutto asciutto esco in Mtb, che mi diverto di più! (ride).
In Mtb sei nella natura, sei fuori dal traffico, e tra salti, radici e sgommate non ti annoi mai, puoi variare di più il percorso e l’allenamento risulta meno monotono.

- E che tipo di allenamento si dovrebbe fare nelle due uscite settimanali con la bici da strada?
- Se l’allenamento è finalizzato ad avere più resistenza e divertirsi di più la domenica in Mtb, allora si dovrebbero fare tante ore di sella, dedicare quindi più tempo possibile ad andare in bici, compatibilmente con il lavoro, la famiglia, gli altri impegni. L’importante è affrontare lunghe distanze, con una o due salite lunghe. Questo permette anche di avere meno problemi alla schiena, meno problemi di crampi.
Se, invece, la domenica si preferisce andare a fare qualche gara, allora il mio consiglio è di fare allenamenti settimanali più brevi ma intensi, tipo circuiti con salite e discese, per abituare il fisico e il cuore a cambiare velocemente ritmo.
Però non si dovrebbe mai perdere il divertimento di andare in bici: io ne vedo tanti che si fissano con le tabelle di allenamento e non si fermano neanche alla fontana a bere. Io credo che l’amatore debba andare in bici per divertirsi e godersi l’uscita, le tabelle servono ai professionisti.

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Foto Scott Sports

- La doppia uscita quotidiana serve o non serve?
- Se uno ha tempo… Io ai miei tempi la facevo: al mattino allenamento di tre ore e al pomeriggio andavo in pista e facevo “allenamento dietro moto” per migliorare gli scatti e le volate e raffinare la qualità della resa in bici.
Però, ripeto, questo serve a un professionista. A un amatore non lo consiglio. Piuttosto, se si ha tempo a disposizione, conviene concentrarlo tutto in un’unica uscita.

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I freni a disco: ecco uno dei punti di contatto fra la bici da strada e la Mtb. Pian piano chi va su strada inizierà ad apprezzarne i benefici.

- Quando si esce all’alba, è meglio fare colazione prima o dopo, al rientro?
- A me dicevano che se vuoi bruciare di più i grassi, è meglio uscire a digiuno e pedalare la prima ora e poi fermarsi a fare colazione o in un bar o portandosela dietro. Però si soffre parecchio…
Ma se non hai problemi di sovrappeso, non c’è motivo di farlo. In sostanza, dipende da qual è il tuo obiettivo e qual è il tuo stato di forma.

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Geometria e soluzioni tecniche per le lunghe distanze: la Scott Solace nasce proprio con l'intento di non essere estrema come rigidità, ma di privilegiare il comfort per le lunghe distanze.

- Ma secondo te ci sono degli svantaggi che la bici da strada può dare a chi va in Mtb?
- No, svantaggi non te ne dà assolutamente.
L’unico inconveniente è che se non sei ancora tanto preparato sulla tecnica della Mtb, la bici da strada non ti aiuta a migliorare.
Ti ho fatto il mio esempio: all’inizio, per imparare, come ho già raccontato, per tre anni non sono più salito su una bici da strada perché volevo arrivare a un livello che mi consentisse di competere a livello mondiale. Ma un amatore non ha bisogno di arrivare a tanto!

- Senti Mirko, tu hai mai fatto ciclocross nella tua carriera?
- Sì, da ragazzo, quando ero tra gli allievi e juniores e anche un po’ tra i dilettanti, qualche piccola gara di ciclocross l’ho fatta.

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- Benefici?
- Era uno sport invernale, tra i molti che, come ti ho raccontato prima, praticavo nel periodo in cui non si correva in bici.
Il maggior beneficio era a livello mentale perché potevo staccarmi dalla bici da strada e soprattutto dallo stress del risultato a tutti i costi, e nello stesso tempo potevo mantenermi in forma. Staccare qualche mese dalla bici da strada era importante altrimenti alla ripresa della stagione agonistica non avrei trovato quella serenità, quella motivazione e anche quella voglia che invece mi ha permesso di raggiungere bei risultati.

- Adesso, come sai, c’è un grande ritorno delle bici da ciclocross, nella nuova versione “gravel”. Tu pensi che possano essere una valida alternativa per un biker in cerca di un mezzo più “allenante”?
- Sì, penso possa essere una buona soluzione per chi cerca un mezzo versatile che vada bene anche su strada, magari cambiando solo le gomme. La bici gravel è una bicicletta comoda, un po’ meno rigida di quella da strada, con i freni a disco che danno una grande sicurezza in frenata (tra l’altro nel 2017 i freni a disco dovrebbero arrivare anche nelle gare su strada e vedremo cosa succederà…). Sono eccezionali, ti danno una gran sicurezza. Succederà come è successo con i freni a disco nella Mtb o come è successo su strada con i telai sloping…
Sta arrivando questa tipologia di gara tipo supermotard, un po’ asfalto, un po’ sterrato

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Thomas Frischknecht è stato folgorato dalla gravel bike. Ve lo ricordate alla prima del Superenduro B-Road a La Morra?

- E’ vero che la bici da strada è più affaticante per la schiena?
- Per quella che è la mia esperienza, no. Anzi, io non ho mai avuto problemi alla schiena quando correvo su strada mentre invece qualche fastidio l’ho avuto in Mtb. Soprattutto perché, quando c’è bagnato, sulle lunghe salite non puoi alzarti dalla sella e devi pedalare sempre da seduto, affaticando maggiormente la schiena.
E su strada pedalavo spesso in piedi.
Quindi, se si ha mal di schiena sulla bici da strada il problema potrebbe peggiorare salendo sulla Mtb.

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- Magari la doppia sospensione può aiutare...
- Mah, non è tanto un discorso di sospensione, perché in discesa, in fondo, sei in piedi. E’ più un discorso di sforzo quando pedali, quando c’è il fango spingi più forte e sovraccarichi di più la schiena, specie con le pendenze che si fanno in Mtb. E per questo la Mtb è un ottimo metodo per potenziare le gambe d’inverno.

- Adesso rovesciamo il punto di vista: quali vantaggi può dare la Mtb a chi è stradista?
- Allora, innanzi tutto impari a controllare meglio il mezzo in diverse occasioni perché una volta che ti abitui a guidare sullo sporco, sul fango, sul bagnato, quando torni sull’asfalto gestisci meglio la bicicletta, ti senti più sicuro e acquisti più sensibilità di guida.
Dal punto di vista cardiaco, poi, la Mtb ti aiuta tantissimo - l’ho provato io stesso in ambito anaerobico. In una gara di Mtb parti e dopo tre minuti sei già con il cuore “a tutta”; su strada non è così, c’è più gradualità e negli ultimi 80-100 Km ti giochi tutto.
Per quanto riguarda l’agilità di pedalata secondo me la curi molto di più su strada, perché riesci a fare dei lavori molto più precisi.
In Mtb, no, di pianura in Mtb ce n’è ben poca.
Su strada l’agilità è molto più importante, specie sulle salite molto lunghe.

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Foto Scott Sports

- Cosa consigli a uno stradista per iniziare con la mountain bike?
- Il primo consiglio, che deriva dalla mia esperienza personale, è di affiancarsi a un biker più esperto che ti dia dei consigli veri.
Seconda cosa, almeno all’inizio, allenarsi sempre sullo stesso circuito di cross country e ripeterlo più e più volte, in modo da migliorare progressivamente le traiettorie, le curve, i passaggi… e trovare le soluzioni ai punti più critici. In questo modo si riesce anche a superare i propri timori e ad acquisire sempre più sicurezza.
Terza cosa: allenarsi nei tratti più tecnici e difficili. Per me la Liguria è stata una vera palestra all’aria aperta: rocce, strapiombi, pendenze, sentieri stretti e allenarsi lì alla lunga ha pagato. Ci vuole tanta costanza e determinazione.
Il segreto è riuscire a guidare rilassato sulla Mtb, senza essere rigido o legnoso, perché non si può uscire in Mtb con la paura di cadere, bisogna imparare a poco a poco a padroneggiare la bici e poi quando si raggiunge la sicurezza, la tranquillità, allora sì che ci si diverte!

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La conversazione è durata circa 50 minuti. Se volete riascoltarla tutta, cliccate play più in basso...
Foto Ambrogio Grillo/Scott Sports Italia

La conversazione con Mirko Celestino è stata piacevole e anche molto ricca di informazioni, ma nell’audio integrale dell’intervista ci sono anche altri dettagli curiosi e interessanti…



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Sull'autore
Simone Lanciotti

Sono il direttore e fondatore di MtbCult (nonché di eBikeCult.it e BiciDaStrada.it) e sono giornalista da oltre 20 anni nel settore delle ruote grasse e del ciclismo in generale. La mountain bike è uno strumento per conoscere la natura e se stessi ed è una fonte inesauribile di ispirazione e gioia. E di conseguenza MtbCult (oltre a video test, e-Mtb, approfondimenti e tutorial) parla anche di questo rapporto privilegiato uomo-Natura-macchina. Senza dimenticare il canale YouTube, che è un riferimento soprattutto per i test e gli approfondimenti.

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