«Mi porti in bici con te?» ovvero lui, lei e una Scott E-Genius 710 Plus

Fulvia Pasqualoni
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Più o meno è andata così: dopo che mi ha visto tornare a casa felice e gasato (anche se sfinito) centinaia e centinaia di volte, a lei, mia moglie, un po’ di curiosità è venuta.
Questa Mtb…
Boschi, montagne, paesaggi magnifici, divertimento, ma anche tanta fatica.
Ecco: la fatica è il primo ostacolo che spaventa, ma quando lei, Fulvia, ha visto la Scott E-Genius 710 Plus, col motore Bosch e le gomme “ciccione”, non ha resistito.
«Portami con te una volta».
Beh, perché no?
In fondo, lei in Mtb c’è sempre andata e non se la cava nemmeno male.
Quindi, ok, partiamo.
Dopo aver pubblicato il test della bici, ho chiesto a Scott Italia di tenerla ancora un po’ per… un altro test un po’ particolare.
Così una domenica di fine ottobre, dopo aver pensato alle bimbe, ci siamo trasformati in biker.
E non più solo io, ma anche lei.
E com’è andata ve lo racconta lei, Fulvia.
SL

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Ottobre, fine settimana di sole. Il caldo gradevole dell’autunno. Si respira dopo una settimana senza fiato, senza pause. Non abbiamo mai molto tempo per fare cose divertenti insieme. E’ un po’ che ci penso: e se uscissi in Mtb con mio marito?
Certo, è un bel po’ che non salgo su una bici, potrei essere più arrugginita del previsto, però… non l’ho mica detto io che andare in bici non si scorda mai!
Manco a dirlo, a lui l’idea è piaciuta molto, forse perché ho giocato un po’ sul “Eh, ma forse mi dovrai aiutare un po’, perché è molto che non vado…”,
“Sì, però non ti arrabbi se faccio fatica a starti dietro…”
Forse si è sentito lusingato all’idea di fare da cavaliere sul suo “destriero di ferro”, invece della sua solita uscita.

PRIMA USCITA
Così finalmente riusciamo a organizzarci per la domenica all’ora di pranzo: 12,00-14,00, due ore per noi.
All’inizio, confesso, mi faceva un po’ strano anche dovermi rinfilare i panni da ciclista.
Oddio, ma mi entreranno?
Poi, ta-dàaa: baggie shorts, che perdonano qualunque cosa. L’umore risale.
Protezioni per le ginocchia: meglio averle.

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Protezioni per ginocchia Alpinestars Paragon. Qui il test.

Ci prepariamo e mi ritrovo sul terrazzo di casa, check list delle cose che devo avere con me e al resto pensa lui.
Tutto ok, si va!
Ho a mia disposizione una Scott E-Genius 710 Plus e passato il tempo necessario per gli aggiustamenti del caso, cominciamo a scendere.
Simo sta davanti, io fin da subito, tardo a stargli dietro, perché ero pronta a tutto, ma alle scarpe agganciate no.
Mi sento improvvisamente in balia di un aggeggio meccanico troppo grosso, troppo pesante e per di più, che parte da sé appena spingi un pochino sui pedali.
Stop.
Mi fermo.

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Il display Bosch Intuvia: lo usi e capisci come funziona. Facilissimo

Studio il display e i comandi del motore elettrico e decido che per la prima discesa impervia è meglio se disattivo tutto, sto un po’ sul freno (anche un bel po’ all’occorrenza) e con le scarpe sganciate.
Riprendo a scendere, con prudenza.
Quando arrivo sulla strada asfaltata, ancora prima che il giro cominci, sto già cercando di riprendermi dalla prima paura.
“Ecchiglielodice…?!?!?”
Ma avanti, non posso mollare così.
Stringo i pugni intorno al manubrio, attacco le scarpe e attivo il motore elettrico in modalità Tour (la mia preferita): si sale adesso e quella spinta prima odiosa diventa improvvisamente un vero piacere.
Simo mi segue con lo sguardo, capisce che sono nella giusta attitudine (per fortuna non ha capito quella precedente…) e si comincia.
La bici fa tutto da sé ed è quindi facile cominciare a parlare.
«Sai, ci devo riprendere un po’ confidenza… però è divertente».
Si, è divertente davvero, io e lui, insieme, in bici.
Avanzo tranquilla, chiacchiero chiacchiero e poi mi giro e mi fa: «Ehi, guarda che sulla mia il motore non c’è mica».
Opsss…
Il primo giro è stata una bella passeggiata per fare pace con le due ruote.
Anzi no, che dico? Per cercare di fare pace con quelle scarpe...
Simone mi dà suggerimenti e indicazioni, mi mette un po’ alla prova sulle salite sterrate, su piccole discese sotto gli alberi, su una piccola radura.
La bici non sembra più pesantissima, quel che sapevo fare torna a mano a mano a galla.
Peccato sia ora di rientrare, le bimbe aspettano.
E io già non vedo l’ora di ripetere.

SECONDA USCITA
Il segreto sta nella continuità, quindi, si programma subito per la domenica successiva. Di nuovo sole, di nuovo caldo: tutto depone bene.
Stavolta non conosco la meta e nemmeno l’itinerario a dire il vero.
«Ti porto su un sentiero nuovo, vedrai che bello!»
Mi devo fidare? Mah, proviamo…

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La discesa da casa, a sorpresa, non comporta alcun problema, avanzo sicura a velocità controllata anche perché ora il mio problema è assicurarmi che il bellissimo sentiero che mi attende non sia anche quello che mi uccide…
Eh, sì, quello che sai fare ritorna anche con poca pratica, ma… anche quello che non sai fare.

Ma mi fido, mi voglio fidare, perché questa cosa delle uscite in mountain bike si propone davvero come un ottimo modo per stare insieme, fare qualcosa insieme e, perché no, anche per tornare a casa soddisfatti per gli ostacoli superati.
E poi, io adoro le sfide.
Scesi in strada, si caricano le bici in macchina e si va su, verso la montagna.
Arrivati, si scende dalla macchina, si monta in sella, si parte, modalità Tour, sempre lei, la mia preferita.
Salita. Pedalo, pedalo pedalo.
Poi lui: «Attenta, adesso si sale un po’…»
😯
Ok, sfodero la mia arma: la modalità Sport.
Salita. Pedalo pedalo pedalo.
Lui pure, ma comincia ad avere un po’ di affanno.
Non infierisco, rallento e comincio a chiacchierare.
Siamo nella zona di Prataglia, l’osservatorio, il prato, le altalene.

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L’area attrezzata è popolata e più in là c’è un gruppo di scout. Sta per cominciare il sentiero vero e proprio e ci fermiamo un attimo, perché, sì, è tutto molto bello, ma io non riesco a vedere nemmeno l’imbocco del sentiero e comincio a temere il peggio…
Simone mi fa vedere meglio.
Ah, sarebbe quello? Uhmmm, va bene.
Ok.
Lo devo fare, eh? Va be’, speriamo di uscirne vivi.

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L’inizio è un po’ stentato, ma siamo ancora sulla sommità, avanziamo di prato in prato e il paesaggio intorno è incantevole, visuale ampissima e respiro largo.
Poi arriva la parte più complicata.
No, non per i biker esperti, non per quelli che la Mtb… per quelli che hanno pedalato un pochino e poi arriva l’abbrivio della discesa nel bosco: prato finito, foglie, radici e sassi sporgenti.
Come si fa?
Da dove comincio?
Lui si ferma, mi dà dei suggerimenti, mi spiega la parte successiva del tragitto, mi dà tutte le indicazioni che occorrono.
Ascolto attenta: se lui pensa che posso farlo, allora posso farlo. Ma tentenno.
Lui parte, io arretro di qualche metro, rallento, giro, parto, non parto, la scarpa (maledetta!) non si stacca e mi sdraio (sul prato).
Simone è già andato e a me viene da ridere: meno male che non m’ha vista…
😀
Ok, non l’avrai vinta.
Riparto concentrata e stavolta riesco. Simone mi aspetta, mi vede arrivare e sorride: «Visto che ce la fai».
Avanziamo di tratto in tratto lungo tutta la parte in discesa. Ci siamo solo noi nel bosco, con spirito leggero e gioia a ruota libera.
Poi passiamo nel lato sud ovest della montagna, soleggiato, con il fianco della montagna a sinistra e il dirupo a destra.
Qui il sentiero si fa stretto e occorre fare molta attenzione. E’ un posto dove non ci sono mezze misure, o segui il flow e scendi sicuro oppure ti fermi ogni 5 metri e riparti e ti rifermi e riparti.

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Simone aspetta con me, gentilmente, e io faccio del mio meglio perché non voglio annoiarlo troppo.
Diciamo che proseguiamo a strappi di 100 metri…
Ad un certo punto, lui si fa avanti di circa tre metri e mi fa vedere come superare un certo ostacolo, un tratto particolarmente insidioso. Stavolta rispondo la mia e suggerisco un passaggio alternativo al suo.
«Seeeeee… certo che lo puoi fare… se ti chiami Barel…»
Ah si, eh?
Eppure a me sembra più facile così… voglio provarci.
Piede a terra, abbasso la testa vicino al manubrio e guardo il punto in cui sono decisa a far passare la mia ruota.
La bici è pesante e le scarpe a volte non riesco a sganciarle, però poi nella mia mente si fa il vuoto e sento solo il tempo che scorre. E aspetto ancora guardando proprio là.
Aggancio il pedale destro, impugno decisa il manubrio, un dito sui freni, testa ancora un po’ abbassata, do la spinta, aggancio l’altro piede e porto la mia ruota lì, proprio lì dove volevo.
Rimango concentrata, perché adesso ci deve passare pure la ruota posteriore e intanto devo continuare a guidare quella anteriore. Supero l’ostacolo, accompagno, freno, stacco la scarpa e siiiiiiiiiiiiiiii!
Ce l’ho fatta!
Piede a terra, sgancio la bici ed esulto braccia in alto, siiiiii!
Simone non crede ai suoi occhi ed esulta con me: grandeeee!!!!
Che figata, che figata!
Se ci ripenso, ri-uscirei in bici pure adesso mentre scrivo.

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Torniamo a casa con un entusiasmo travolgente.
Fantastico…
Fine della seconda uscita, con qualche livido e tanta tanta soddisfazione. Per fortuna che avevo le protezioni!

TERZA USCITA
Terza uscita, terza domenica. Stavolta dobbiamo fare un po’ più in fretta, perché l’organizzazione familiare non è affatto scontata.
Il posto è più accessibile: zona Monte Autore, cioè la montagna più alta che abbiamo nei paraggi. L’autunno è nel pieno e siccome non è piovuto molto in questo periodo gli alberi sono ancora abbigliati: chiome rigogliose e colori regali. Lo scenario è meraviglioso e per la terza volta il sole benedice la nostra uscita. Roba da non crederci…!
La discesa da casa nemmeno me la ricordo più, perciò credo che sia andata molto bene.

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Tragitto in macchina piacevole come al solito e all’arrivo lo spettacolo dell’autunno sui Monti Simbruini.
Si parte tranquilli sulla strada sterrata e ogni tanto incontriamo escursionisti a piedi che si incuriosiscono, soprattutto per la mia bici.
Ci salutano e l’ambiente che si crea attorno alle persone in bicicletta, tra amanti della pace montana, è sempre carico di gradevole cordialità.
In città non è esattamente lo stesso.
In breve ci ritroviamo alle Vedute, dove la vista si allarga e lo scenario è maestoso. Facciamo qualche esercizio tecnico sul sentiero che passa sulla costa della montagna, verso ovest. Sole, ancora una volta. Meraviglia.

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«Non avrei mai pensato di passare lì in bici... Eppure l'ho fatto» 😀

Qui il passaggio è di un solo palmo e il dirupo non finisce, letteralmente. Non soffro di vertigini, ma sapere che ora riesco a governare un po’ meglio gli sganci delle scarpe mi dà sollievo. Lascio andare il freno e stavolta il flow c’è.
Cosa c’è di meglio che riuscire a fare cose che credevi impossibili?
O magari anche solo del tutto archiviate?
Che meraviglia la Mtb: in un attimo fa diventare bambini e supereroi allo stesso tempo.

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Nel tornare indietro facciamo una deviazione addentrandoci nel bosco; il sentiero è liscio e fluido e si scende in allegria.
Raggiungiamo di nuovo la strada sterrata e poi ci lanciamo sul fianco erboso e morbido. Poca adrenalina, rispetto alla volta precedente, ma è bello lasciarsi andare al percorso.
Scendo, salgo, spingo, grinta.
Tutto viene facile: non servono troppe pause di riflessione su dove mettere le ruote, e poi ne sento sempre meno bisogno.
Dopotutto, sono arrugginita, ma non del tutto acerba.

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Resto dietro a lui, scansando ostacoli e incassando qualche sasso che schizza via dalle sue ruote.
Non mollo di un centimetro e se lui avanza troppo… modalità Turbo e ti aggiusto io!
Bella la bici elettrica, diamine!

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Sai che ti porta in cima anche se già non ce la fai più, che ti porta a casa anche se hai già dato tutto per salvarti la vita (!) tra un sasso, un dirupo e la punta delle scarpe.
E poi, non ce l’avrei mai fatta solo con le mie gambe.
Mettiamola così: il motore elettrico è l’aiutino che ti permette di dire: “Ci provo, tanto in fondo, non devo mica fare tutto io!”
Si torna a casa, uscita strepitosa anche questa.

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Domani si torna in ufficio: seri e composti, con il badge che non perdona e le stanze popolate da identici tailleur grigio-blu, ma queste uscite in Mtb, con mio marito al fianco, mi scaldano il cuore e fissano nuovi traguardi.

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Il ritrovato contatto con la natura risveglia ambizioni sopite e incoraggia la parte più recondita e selvaggia.
Mi viene spontanea una citazione di Clarissa Pinkòla Estés, che rimaneggio un po’: “Come amiche e parenti prima di me, mi sono pavoneggiata barcollando sui tacchi a spillo, e ho indossato l'abito buono e il cappello per andare in ufficio. Ma la mia favolosa coda spunta sotto l'orlo…”
Sarò diventata anche io una Mtb addicted?

Per leggere il test completo della bici, cliccate sull'immagine in basso.

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